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Agricoltura, un anno difficile

Vittorio Spinelli sabato 11 novembre 2006
L'agricoltura italiana nel 2006 probabilmente totalizzerà un valore aggiunto inferiore a quello dello scorso anno. Questo anche tenendo conto della crescita del comparto in termini di prodotti di qualità e della rinnovata attenzione dei consumatori verso le bontà alimentari dello Stivale. A determinare il risultato non incoraggiante, sarà probabilmente l'effetto congiunto di più fattori contingenti che, tuttavia, non nascondono una delle difficoltà di fondo del settore: l'impossibilità strutturale a far fronte agli sbalzi produttivi e di mercato. È stata la Coldiretti a fornire le prime cifre sull'annata agraria 2005-2006 - che fra l'altro proprio oggi tradizionalmente ha il suo giro di boa nel giorni di San Martino - mettendo in fila alcuni dati chiari. Il valore aggiunto del settore dovrebbe complessivamente diminuire del 2,8% per effetto di un calo delle quantità prodotte e quindi di una flessione dell'1,8% nelle produzioni vegetali e del 2,1% in quelle animali. A determinare la diminuzione in termini quantitativi dei raccolti e delle produzioni sarebbe stata la forte siccità che ha falcidiato i cereali così come gli ortaggi e le barbabietole da zucchero. Negli allevamenti, invece, si è fatto sentire il calo produttivo per il pollame meno richiesto a seguito degli allarmi sull'influenza aviaria. Migliori, invece, le notizie sul fronte della bilancia commerciale. Nei primi sette mesi del 2006 - viene fatto notare - le esportazioni sono aumentate del 10% soprattutto grazie ai buoni risultati di vino, olio e pasta mentre le importazioni sono cresciute del 9%. Un divario positivo risicatissimo, ovviamente, che non è servito a compensare più di tanto il disavanzo commerciale agroalimentare di cui da tempo il Paese soffre. Il settore, quindi, si è dimostrato ancora una volta scarsamente capace di contrastare efficacemente i mutamenti climatici e la concorrenza. Ma, a consolare gli agricoltori, rimangono alcuni punti fermi. Come la crescita delle cosiddette «produzioni di qualità» così come delle preferenze rivolte agli acquisti in azienda oppure all'agriturismo. Tutto senza dimenticare che l'Italia è al primo posto in Europa in fatto di produzioni biologiche. Sembra, cioé, che gli italiani cerchino garanzia e sicurezza alimentari e che l'agricoltura del Paese abbia i numeri giusti per rispondere positivamente. Ma c'è anche dell'altro. L'agricoltura, per esempio, ha incrementato del 3,5% il numero di lavoratori presenti. Un fenomeno importante che è stato reso possibile dalla sostanziale stabilità del numero degli imprenditori agricoli e dei coltivatori diretti, ma anche dal balzo del 9,8% dei lavoratori dipendenti. Un fatto importante che indica due cose. Da una parte le imprese agricole hanno risposto in maniera positiva agli strumenti offerti per l'emersione del lavoro irregolare. Dall'altra, gli imprenditori hanno dimostrato di credere nelle possibilità di crescita del loro comparto. E' una dato importante che testimonia della vitalità di una buona parte delle 950mila aziende agricole che danno vita al settore.