Se qualcuno ancora pensasse all'agricoltura come ad un settore fermo nel tempo, magari un po' romantico e soprattutto avulso dal resto dell'economia e della società, se c'è ancora qualcuno che la pensa così, deve ormai ricredersi. Perché anche le imprese agricole devono fare i conti non solo con le dinamiche dell'economia nazionale, ma soprattutto con la globalizzazione e i movimento dei mercati internazionali. Quanto sta accadendo al Wto, il furibondo litigio comunitario sul bilancio dell'Ue e l'impennata dei prezzi dei carburanti agricoli, sono tre situazioni che chiariscono subito il panorama che gli agricoltori hanno davanti. Tutto, ovviamente, al di là della bontà e della genuinità dei prodotti agroalimentari italiani, dell'impegno nel rispettare l'ambiente e nel preservare le mille tradizioni agrarie di cui lo Stivale è costellato.Partiamo dal petrolio. La crescita delle quotazioni del greggio ha avuto l'effetto di far salire del 13% negli ultimi dieci mesi il costo dei carburanti agricoli. In questo modo - spiegano le organizzazioni agricole - la corsa dei prezzi del carburante agricolo aggrava una tendenza già in atto nello scorso anno, quando gli imprenditori hanno speso per il 5% in più. Le conseguenze sono prevedibilissime: a rischio è la competitività delle imprese, la loro capacità di stare sui mercati e, quindi, la tenuta delle nostre produzioni nei confronti della concorrenza. Una situazione critica a cui è possibile rispondere - secondo Coldiretti ma non solo - con lo sviluppo delle energie alternative rinnovabili e, perciò, con l'accelerazione degli investimenti per recuperare i ritardi accumulati nello sfruttamento del fotovoltaico delle biomasse e dei biocarburanti. Poi c'è tutto quanto si sta muovendo sullo scacchiere europeo e internazionale. L'Europa, infatti, litiga come ogni anno sui soldi da destinare non solo all'agricoltura ma all'intero bilancio. Il braccio di ferro fra i potenti si è riproposto, così come la questione del rimborso da dare alla Gran Bretagna, il destino dei fondi strutturali, il congelamento di quelli destinati ai mercati agricoli. Tutto senza contare il negoziato relativo ai commerci internazionali. Una partita ancora più complessa della prima, in cui l'agricoltura diviene davvero un elemento importante ma ugualmente fragile. Occorre - hanno detto anche in questo caso le organizzazioni agricole di casa nostra come Coldiretti, Confagricoltura e Cia - difendere il ruolo dell'agricoltura italiana ed europea e dare risposte positive alle scelte che i nostri imprenditori hanno compiuto. Oltre che, ovviamente, riconoscere il ruolo che l'agroalimentare nostrano ha nei confronti del buon nome dell'Italia nel mondo. Tutte cose sacrosante, che si scontrano con il resto delle richieste sul tavolo del Wto e, soprattutto, con le dinamiche più ampie delle politica economica internazionale. Intanto, le imprese devono fare i conti con ciò che hanno, con il petrolio alle stelle e con tutti gli altri problemi globali e locali.