L'agricoltura è l'attività economica più diffusa dopo il commercio. Il deficit agroalimentare con l'estero sembra, dopo anni, diminuire con decisione. Continuiamo ad essere ai primi posti in fatto di qualità alimentare. Insomma, le nostre imprese agricole danno ancora del filo da torcere, ma i problemi rimangono tutti. Basti pensare a quanto le cronache di questi giorni ci hanno portato. A partire dalla questione dello zucchero. Questo settore, quindi, continua ad essere caratterizzato da una forte diversità interna, da performance economiche variabilissime e, magari, anche distantissime fra di loro. E' a tutti gli effetti il comparto più complicato e mutevole dell'economia.
Stando ai dati rilanciati da Coldiretti ed elaborati su numeri dell'Unioncamere, quasi una impresa italiana su sei si dedica all'agricoltura che - viene fatto notare - è l'attività economica più diffusa dopo il commercio e quella che registra nel secondo trimestre la nascita di ben 3.740 nuove imprese contribuendo al boom di iscrizioni evidenziato da Unioncamere stessa. Alla fine del primo semestre del 2005 - precisa la Coldiretti - su un totale di oltre sei milioni e 40mila imprese, quelle agricole erano 968.704 con un incremento dello 0,39% rispetto al trimestre precedente.
Intanto, sempre la Coldiretti, ha fatto notare come, in controtendenza rispetto al resto dell'economia, i dati ISTAT del commercio estero agroalimentare abbiano segnato nei primi cinque mesi dell'anno una diminuzione del 16% del deficit. L'insieme dei settori agricoltura ed industria alimentare, ha registrato complessivamente un aumento nelle esportazioni del 5,7% mentre sul lato delle importazioni si è verificata una riduzione dell'1,9%. Certo, rimane pur sempre un disavanzo pari a 3,5 miliardi di euro solamente in questa prima parte dell'anno. Ma potrebbe essere il segnale di una possibile inversione di tendenza, suscitata anche dal successo dei migliori prodotti dell'agroalimentare nostrano su mercati particolarmente ricchi. Basta pensare al balzo in avanti delle vendite di vini italiani negli Usa.
Tutto bene, quindi, se si dimentica la serie di problemi strutturali che ancora oggi blocca un'effettiva crescita del settore agricolo, oppure le incognite che si accumulano all'orizzonte della politica agricola comune. Da questo punto di vista, continuano ad essere d'esempio la situazione e le prospettive dello zucchero e quindi della barbabietola. Se passasse la riforma Ue di intervento su questo prodotto, l'Italia rischierebbe seriamente di vedersi cancellare dal panorama europeo. A rischio sono circa
46mila imprese, 52mila addetti nell'intera filiera e oltre 18mila nel sistema dei servizi. Una prospettiva che potrebbe concretizzarsi se l'Italia non saprà far valere le proprie ragioni. Da qui, perciò, il continuo altalenare dell'intero comparto che non riesce, pur ottenendo successi internazionali, ad avere un suo equilibrio.