Quest'anno l'agricoltura italiana produrrà di più rispetto al 2003. Ma, probabilmente, nello stesso periodo il rosso della bilancia degli scambi agricoli con l'estero si farà più intenso. Si tratta di due fatti importanti, apparentemente contraddittori ma intimamente legati e a cui si sta cercando di porre rimedio senza successo.
Secondo le ultime rilevazioni dell'Ismea, la produzione agricola nazionale dovrebbe registrare nel 2004 una crescita del 6,5% su base annua. Il buon risultato sarebbe dovuto alla sensibile ripresa produttiva mostrata dalle produzioni vegetali (+11,9%), cui si contrappone la lieve diminuzione delle produzioni animali (-0,5%).
Ma, anche tenendo conto della maggiore disponibilità di prodotto, le esportazioni agricole italiane continuano a diminuire. I segnali che arrivano dalla bilancia commerciale sono però più preoccupanti di prima. A calare non sono anche le importazioni di prodotti agricoli e alimentari. Si tratta di un segnale preoccupante, sintomatico di una crisi generale dell'economia italiana, con forti ripercussioni nelle campagne. Confrontando i dati Istat del commercio di settembre 2004 Italia-Ue con quelli dello stesso mese dell'anno scorso, Confagricoltura, ha evidenziato infatti una diminuzione delle importazioni di prodotti dell'agricoltura e della pesca del 22,7% e un calo delle esportazioni del 13,8%. La situazione migliora, invece, per i prodotti di industria alimentare, bevande e tabacco: in questo caso la diminuzione delle importazioni è del 7,5%, quella delle esportazioni dello 0,2%. E il quadro non è dissimile anche per il commercio extraeuropeo. Insomma, come ha sottolineato Bankitalia, i prodotti italiani continuano a perdere competitività.
Ma qual è la causa? «Nonostante i costi siano compressi all'osso - ha spiegato Confagricoltura - i nostri prodotti non sono competitivi. E, al contempo, la spirale recessiva influisce sui consumi che calano drasticamente, compromettendo anche in parte le importazioni». Colpa anche dell'euro fortissimo nei confronti del dollaro. Ma d'altra parte, secondo una ricerca della Coldiretti, nonostante la forte rivalutazione dell'uuro sul dollaro, nel mercato statunitense nei primi otto mesi dell'anno sono aumentate in quantità del 3,2% le esportazioni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, del 10% quelle di gorgonzola e del 7,6% quelle di pecorino.
Le soluzioni appaiono scontate, anche se per questo non meno efficaci. C'è chi, come Confagricoltura, chiede interventi ad hoc, come quelli sugli oneri previdenziali e sul costo del lavoro. Chi, come Coldiretti, punta invece su quattro leve: il Made in Italy come "marchio dei marchi", l'abbandono delle vecchie logiche di promozione, l'attuazione delle norme sull'etichettatura di origine degli alimenti e la definizione di misure di sostegno alla competitività delle imprese e dei sistemi di impresa agricola, industriale e di distribuzione.