In Italia servono tra i tre e i quattromila milioni di euro per mettere mano seriamente alla rete irrigua nazionale. Un fiume enorme di soldi che oggi non ci sono e che probabilmente non ci saranno mai. Eppure il nostro territorio è «a rischio» idrogeologico, cioè può franare, smottare, ingoiare abitazioni e imprese in maniera disastrosa e imprevedibile. Provocando danni economici e umani ingenti. A denunciare la situazione, ancora una volta, è l'Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni che, firmando un Protocollo di Intesa con il Dipartimento Protezione Civile, ha fotografato la situazione. Ciò che emerge dall'esame della Anbi è un quadro grave e stridente, una vera e propria situazione «da pazzi» che si affianca bene alle altre pazzie agroalimentari di questi giorni.
I conti sono presto fatti. Secondo l'Anbi servono circa 3.600 milioni di euro, di cui 1.400 destinati alla manutenzione straordinaria di opere esistenti, per mettere mano alle opere di sistemazione idraulica e difesa del suolo di competenza dei Consorzi di bonifica. A questa cifra vanno poi aggiunti altri 450 milioni per la manutenzione ordinaria. Non si tratta di numeri dati a caso, visto che le stime coincidono quasi alla virgola con quelle effettuate dal Ministero dell'Ambiente. Peccato che tra l'inizio degli anni '90 e il 2005 gli stanziamenti siano arrivati complessivamente a 5.300 milioni. Intanto però, fino al 2003 alluvioni e smottamenti hanno causato danni per 10.400 milioni di euro, oltre a più di 340 morti. Tutto questo senza contare i milioni di ettari persi dall'agricoltura oppure abbandonati. E senza tenere conto del fatto che in Italia, oltre due milioni di ettari (pari al 7,1% della superficie totale) sono classificati a «potenziale rischio idrogeologico più alto», e che 5.553 comuni sono sottoposti a forti rischi idrogeologici.
Che fare di fronte ad una situazione pazza di questo genere? Soprattutto quando ad essa si affiancano altre situazioni - come per esempio quella del mercato avicolo oppure del comparto dello zucchero - altrettanto assurde e che, insieme, sortiscono solamente un duplice effetto: da una parte danneggiano per milioni di euro il comparto, dall'altra provocano richieste di altre decine di milioni di euro per sostenere le imprese colpite dalla crisi. Una strada, probabilmente, è proprio quella intrapresa dalla Anbi: denunciare le situazioni critiche e, intanto, agire concretamente per salvare il salvabile. L'accordo con la Protezione Civile va in questo senso. L'intesa consiste semplicemente nello stabilire un lavoro comune per interventi per l'abbattimento locale dei rischi idrogeologici e idraulici, l'osservazione più attenta degli eventi climatici, la predisposizione comune di interventi tecnici urgenti sulla rete dei canali. Certo, mancano sempre i milioni di euro a chiudere il conto in rosso della situazione idrogeologica nazionale, ma, intanto, qualche passo in avanti è stato fatto.