Aggiornato il Fondo Pensioni Vaticano
Col pieno diritto dei magistrati alla pensione viene abrogata la facoltà della Curia Romana di liquidare, al posto dell’assegno mensile, un importo una tantum (art.35 del Fondo) nei casi in cui l’interessato sia stato colpito da una condanna definitiva per delitti “contro la religione cattolica, la moralità pubblica, il buon costume e il patrimonio ecclesiastico” incompatibile con qualsiasi apporto con la Santa Sede. E viene meno quindi anche il bizantino calcolo dell’una tantum che prendeva a riferimenti dati dell’Istat, che nella specie è un ente straniero per l’ordinamento giuridico vaticano. Anche i pensionamenti regolati dal Motu Proprio possono utilizzare le contribuzioni per attività svolte in precedenza in Italia e accreditate presso l’Inps, utilizzando il loro cumulo, detto “totalizzazione internazionale” secondo la Convenzione per la sicurezza sociale tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana. L'intesa prevede che coloro (laici, sacerdoti, religiosi) che lavorano presso la Santa Sede, la Città del Vaticano, gli enti centrali della Chiesa cattolica o gestiti direttamente dalla Santa Sede, possono utilizzare i contributi italiani per raggiungere la pensione purché non siano coincidenti. Parallelamente, gli assicurati in Italia (dipendenti, autonomi, collaboratori coordinati ecc. ed esclusi i liberi professionisti) possono raggiungere la pensione italiana con periodi di lavoro svolti in Vaticano. © riproduzione riservata