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Agenti e rappresentanti, nuove strade per gli assegni dell'Enasarco

Vittorio Spinelli martedì 14 agosto 2018
Internet offre un nuovo canale per accedere alle pensioni degli agenti e dei rappresentanti di commercio iscritti alla Fondazione Enasarco. La Fondazione, caso unico nel panorama assicurativo, gestisce la previdenza complementare della categoria ma con carattere obbligatorio. Agenti e rappresentanti sono quindi contemporaneamente soggetti all'Enasarco e all'Inps-Gestione commercianti.
Nell'ambito delle sue prestazioni, l'Enasarco offre ora ai suoi iscritti l'invio on line delle domande di pensione anticipata, utilizzando sul sito l'area riservata "inEnasar-co". La domanda – precisa l'ente – deve essere presentata a partire dal giorno in cui si maturano sia il requisito anagrafico (giorno del compleanno) sia quello contributivo. A differenza della pensione di vecchiaia ordinaria non è consentito inviare la richiesta in anticipo.
Secondo il Regolamento di Enasarco, gli uomini che non raggiungono quest'anno "quota 92" (somma dell'età e dei contributi), ma come minimo quota 90 e con un'età di 65 anni e 20 di contributi, possono anticipare il trattamento pensionistico di uno o due anni. La pensione anticipata viene tuttavia ridotta del 5% per ogni anno di anticipo sull'età ordinaria, oggi di 66 anni. Le agenti donne avranno invece accesso alla pensione anticipata solo a partire dal 1° gennaio 2021.
15 anni. Una recente interrogazione parlamentare (Novelli 4-00782) riporta alla luce il problema dei contributi "silenti" che l'Enasarco detiene senza che i titolari dei versamenti possano utilizzarli per una pensione. È il caso degli agenti che in passato hanno raggiunto il vecchio requisito minimo di 10 anni di contributi e che non hanno poi proseguito (o cessato l'attività) avendo la certezza di aver ormai acquisito la pensione minima. Con successive riforme l'Enasarco ha poi elevato il minimo dei contributi (a 15 anni dal 1990 e a 20 anni dal 2012), non considerando però le vecchie posizioni adagiate sul minimo di soli 10 o 15 anni di versamenti. Una beffa per gli interessati, ai quali le norme interne impediscono ora anche di effettuare ulteriori versamenti per pareggiare i requisiti oggi vigenti.
Questo problema non è nuovo alla previdenza e trova un autorevole precedente (con relativa soluzione) nel sistema Inps. Fu la riforma Amato che a partire dal 1993 elevò i requisiti minimi di età e di contribuzione. Il ciclone Fornero, col minimo per tutti di 20 anni di contributi, ha stracciato le antiche convinzioni. Alla proteste degli interessati ha risposto l'Inps (circ. 16/2013) ridando validità al vecchio requisito contributivo di 15 anni ma a patto di maturare l'età pensionabile corrente.