L'ultimo giorno di un anno da incubo, è bello e sorprendente che molti quotidiani vadano in cerca di segnali positivi, da cui muovere i passi nel nebbioso 2021. Ma non erano solo il pessimismo e le storiacce a far vendere? L'anno dell'incubo 2020 termina sulla carta dei giornali con la parola sogno, che gira e rigira dove meno te lo aspetti. Sul "Manifesto" Norma Rangeri è sicura: un incubo, certo, «tuttavia qualche luce è rimasta accesa nel buio di Covid-19 e altre speriamo che stiamo per accendersi». "La Stampa" cerca la speranza in persone che l'hanno tenuta accesa: professionisti, sportivi, artisti... ma è bello citare la più giovane di tutte, Anita, la studentessa torinese di 12 anni che, non potendo entrare a scuola, ma non volendosene separare, si è piazzata lì davanti, con il pc: «Cara Anita – scrive Chiara Saraceno – non ti sei montata la testa per l'improvvisa celebrità. In un mondo in cui si diventa influencer più o meno usando i social network, tu sei riuscita a far sentire la tua protesta semplicemente collocandoti con la tua fisicità nello spazio pubblico». Anita leggerà e penserà: davvero ho fatto tutto questo? Ma sì. Perfino quel vecchio satanasso di Alessandro Sallusti ("Giornale") sente il bisogno di pescare nel suo capace bigoncio qualche grammo di speranza. «Abbiamo ristretto il nostro vocabolario», scrive. Parole come «toccare ballare vedersi festeggiare cantare tifare» sono parole smarrite. Ma un giorno «racconteremo a figli e nipoti di aver vissuto sì prigionieri, ma di esserci alla fine liberati». Evviva!
Stona, come unghie sulla lavagna, l'entusiasmo della "Repubblica" per «La sfida di Maria Sole», donna nata senza utero, che spinge per l'«adozione solidale». Non per vile denaro ma per pura generosità un'altra donna le "presterà" il suo, di grembo. La supervisione è dell'Associazione Coscioni: il doloroso caso umano viene usato per violare la legge e strumentalizzare l'ennesimo corpo di donna. Maria Sole sogna di avere un figlio non adottato. L'Associazione Coscioni gongola. E il film è il solito: un mezzo incubo.