«L'etimologia del termine addiction, di origine anglosassone, ci rimanda al nostro latino addictus, termine giuridico che definiva lo schiavo per debiti. Addictus era, nel diritto romano arcaico, la persona resa schiava per debiti, caduta in balia della volontà del proprio creditore e che per questo subiva tutte le limitazioni conseguenti allo status di dipendenza originato dal suo debito, finanche la morte». In un saggio finemente elaborato intorno alle ragioni delle dipendenze, Alberto Genovese - coordinatore di una Comunità terapeutica nelle Marche - osserva acutamente che il fine ultimo della tossicodipendenza non è il piacere che le sostanze procurano ma l'assuefazione. L'organismo e la psiche si adattano a tal punto alle sostanze, da non sentire più alcun piacere. Un fenomeno che non riguarda, però, solo le cosiddette droghe ma «innumerevoli altri tipi di dipendenze: gioco d'azzardo, sessualità, tabagismo, internet e nuove tecnologie, shopping, sport, affettività, mobile phone; perfino modellismo, strumenti musicali e collezionismo possono facilmente trasformarsi in addiction». Preziosa, allora, la parola di Paolo: «Tutto mi è lecito ma io non mi farò dominare da nulla».