«Per quel tanto che ho imparato a conoscere gli uomini, incliniamo tutti, specialmente in gioventù, a confondere la provvidenza con i nostri desideri». L'abate Daniele, canuto, parlando con il novizio Narciso, esprime un pensiero che riguarda tutti noi. È vero, ci accade, come sta accadendo al giovane Narciso, di sentire che il nostro futuro, il nostro compito, ciò che faremo nella vita, è segnato da una sorta di predestinazione. Insomma sentiamo e ci diciamo che qualcosa ci indica, ci suggerisce, ci dice che… L'anziano abate conosce questa disposizione dell'animo umano, a leggere in ciò che accade segni premonitori di quelli che in realtà sono i nostri desideri. Ma, sorprendentemente, nel romanzo di Hermann Hesse Narciso e Boccadoro, non considera vana questa confusione. È forse eccessivo vedere segni del destino a sostegno dei nostri sogni. Ma non è errato. È giovanile, e da giovani si è poco esperti ma molto liberi. Leopardi giudica illusorie le speranze giovanili, presto deluse dalla realtà della vita. Grande poeta, non necessariamente maestro di pensiero. Con Hesse, io credo che quelle illusioni siano fertili: non smetteremo mai di desiderare la nostra vita: questa è l'esperienza e la maturità, non invecchieremo mai.