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Accanto a un tranviere

Marina Corradi mercoledì 6 marzo 2024
L’altra sera, sul 19, mi sono messa vicina al tranviere. Il binario davanti, le auto in coda, a fine giornata. Ho osservato la prospettiva del tranviere, poi l’ho guardato in faccia: massiccio, occhi grigi, assorto. Stanco, e già col pensiero, a quell’ora, proiettato a casa. In Vincenzo Monti auto in doppia fila, monopattini guizzanti. E clacson, e pedoni che traversano col rosso. Un’ambulanza ci piomba alle spalle e la sirena urla aspra e impaziente. La fronte del tranviere corrugata, partecipe dell’ansia di uno sconosciuto malato, ma il tram non può muoversi, murato nel traffico. Il 19 ora procede a strattoni - le portiere nell’aprirsi sbuffano forte, come stanche. Un tipo in bici, furbo, in Meravigli si infila tra noi e il marciapiede, in poche decine di centimetri. Furiosa scampanellata del tram, e un accidente complesso, ben articolato, lanciato in lombardo. Sorrido - ma il mio tramviere è davvero arrabbiato. Al semaforo, una scolaresca in gita: da come il conducente guarda i ragazzini ridenti e attende con pazienza che traversi anche l’ultimo, immagino abbia figli. Più sereno ora, come si fosse ricordato, nella stanchezza, di qualcosa di buono, il tranviere gira da Orefici in via Torino. Non senza un’occhiata al Duomo, quasi dicesse a qualcuno di caro: eccomi, di nuovo. Avrei voluto, nello scendere, salutare il mio tranviere: ma nessuno lo fa, e quindi non ho osato. © riproduzione riservata