I media agiscono come degli spot, i potenti fasci di luce che illuminano appena uno spicchio del buio palcoscenico della vita – del mondo, della storia – creando l’illusione che quella minuscola porzione possa rappresentare il tutto, o perfino lo sia. Con i giovani accade così da sempre. Nello spot entrano i giovani “bene” di una certa discoteca milanese, un’accusa di stupro, chiacchiere a non finire. Da molti mesi il lemma più usato in riferimento ai giovani è fragile-fragilità. Anche ieri sulla “Repubblica” (12/7): «Pasticche e party sfrenati. Sul palcoscenico di TikTok la fragilità di una generazione». D’altronde la bella inchiesta di Elena Stancanelli sulla “Stampa”, giunta all’ottava puntata (10/7), s’intitola «Amico fragile. Giovani e salute mentale», con una citazione della canzone omonima scritta da Fabrizio De André nel remoto 1975, dedicata a un «amico fragile» che è il genitore dell’«amico fragile» di oggi. Intendiamoci, il disagio mentale esiste ed è in forte crescita, come Stancanelli sta dimostrando da 16 pagine di giornale in qua, con una intensa partecipazione emotiva e un profondo senso di gratitudine verso chi si prende cura di tante fragilità, nell’ultimo caso gli operatori del Meyer Health Campus di Firenze: «Lascio il Campus un po’ a malincuore, con un pensiero semplice: quanto sarebbe più facile vivere in questo Paese se le strutture pubbliche fossero belle, accoglienti, efficienti? Quanta rabbia ci risparmieremmo ogni giorno se i soldi che spendiamo per sanità e istruzione fossero spesi bene?». Poi però ci sono i giovani studenti, e sono moltissimi di più, capaci di riconoscenza. Dalla “Stampa” (9/7), una pagina intera: «Enzo Novara. “Quell’applauso degli studenti mi ha commosso ma dopo 40 anni sono io a dire grazie”. Il prof del “D’Azeglio” di Torino celebrato il giorno della sua pensione». E certo non era in discoteca a impasticcarsi, venerdì sera, Alessandro Dioni, 16 anni. Era alla festa della sua parrocchia di San Marco, periferia di Arezzo, quando ha visto un uomo accasciarsi a terra. Titolo del “Corriere” (12/7): «“Grazie al defibrillatore l’ho aiutato a salvarsi. Eroe? No, sono uno scout”». Per i medici l’intervento ha salvato la vita a Marcello Amadori, 52 anni. No, Alessandro non è fragile.
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