La ex ministra Livia Turco, quella dei blitz genetici in zona Cesarini governativa, si è arrabbiata perché il Papa, nel discorso ai membri del Movimento per la vita (lunedì 12), aveva ricordato come, nei trent'anni della legge che legalizza gli aborti, si sia «creata una mentalità di progressivo svilimento del valore della vita umana, affidato al giudizio del singolo». Così la signora Livia si è affrettata a scrivere sull'Unità (martedì 13) una replica che - ahilei - conferma e rafforza l'affermazione di Benedetto XVI. Sosteneva, infatti, che è dal «grembo materno [che] scaturisce la capacità di accogliere un figlio» o di rifiutarlo. E aggiungeva che «si sconfigge l'aborto solo riconoscendo, sostenendo e promovendo la capacità di accoglienza della donna, della coppia e della società», capacità che, però, è diventata assai scarsa. Il giorno successivo anche l'Unità pubblicava la notizia della ragazzina di 14 anni orrendamente uccisa a Niscemi dai suoi tre amichetti (15, 16 e 17 anni) solo perché aveva accusato uno di loro di averla messa incinta. Accanto a questa notizia appariva un commento («Fanatismo benedetto») di Silvia Ballestra, romanziera, che, per smentire il Papa, ripeteva la solita fandonia degli aborti dimezzati dalla legge 194 (in realtà oggi se ne praticano più di prima della legge, come più volte si è dimostrato su queste pagine e a riprova di come il valore della vita sia scaduto) e da un libro di una collega sulla fecondazione artificiale (altra conferma del diffuso svilimento della persona) copiava anche false accuse all'on. Carlo Casini, attribuendo a lui discutibili comportamenti altrui. Per finire citerò una pagina di Libero (giovedì 15) che parla di «delitto perfetto nel mondo dei desideri» e riporta una lettera che circola nelle caselle di corrispondenza elettronica di molti anestesisti, i cui autori difendono il «diritto morale di una madre di non volere» che si applichino al figlio nato «prematuro estremo [...] le appropriate manovre rianimatorie al fine di evidenziarne eventuali capacità vitali». Del resto non è stato il Consiglio d'Europa a proporre recentemente l'inserimento tra i diritti umani dell'uccisione del figlio mediante l'aborto?
ARTE O MALCOSTUME?
«Il malcostume di offendere l'avversario» era il titolo di una puntata della corrispondenza di Corrado Augias con i lettori di Repubblica (venerdì 9). Due giorni dopo (domenica 11) Augias spiegava a un lettore «cosa spinge a venerare la salma di Padre Pio» e, memore di quanto aveva appena pubblicato, ricorreva a espressioni come queste delicatissime che seguono: «L'interesse concreto è sicuramente una delle ragioni che hanno spinto l'ordine religioso cui il frate apparteneva... Ma i soldi sono soltanto un aspetto del fenomeno... Le lobby che vivono di clientela... Questa manifestazione di tipo medievale... Si tratta di uno scambio: speranze in cambio di denaro». Qualche altro giorno dopo (venerdì 16), il titolo di una lettera di Umberto Eco sulla prima pagina di Repubblica diceva: «L'arte sublime di denigrare il nemico». Non si riferiva ad Augias, come io speravo, ma il titolo premesso al seguito della lettera a pagina 55 affermava: «Combattere qualcuno è anche un modo per definire la nostra vera identità». Allora mi sono convinto che era, in ogni modo, una buona spiegazione.