Ricominciare. C'è un'aria di speranza, un'aria nuova e sconosciuta da tempo. Sembrava che la vita nei suoi progetti di interessi storici e soprattutto nei programmi di politica vivesse una dimensione che non era necessario condividere. Si poteva starne fuori cercando di non offendere coloro che ne avevano fatto la propria strada e un futuro certo. In un tempo del quale non si vedeva la fine, ma che sembrava allungarsi, si sfuggiva alla paura combattendo con atti di libertà proibiti e certamente inopportuni per la crescita del nostro Paese. Poi un discorso gentile nella forma, ma duro nell'offerta del programma ha fatto aprire gli occhi e le orecchie anche a coloro che finora avevano voluto credere che il problema riguardasse altri e non se stessi e la propria vita. È come a scuola quando arriva un nuovo insegnante che apre una strada diversa nel modo di studiare, ma col medesimo fine. La voce del nuovo presidente del Consiglio ha avuto accenti gentili, ma sicuri e decisi. La proposta è una strada, l'unica, e non ce ne sono altre che possano condurre a quella vita serena e sicura di cui abbiamo bisogno. Non sarà facile se tutti non saremo disposti non solo ad accettare, ma a contribuire con coraggio alle necessarie riforme che il nuovo governo dovrà richiedere. Ci troveremo partecipi più responsabili del bene di tutti se sapremo camminare senza troppe critiche inutili su una via forse un po' più dura, ma di certo più sicura per il futuro nostro e soprattutto per quello dei nostri figli. Il nostro Paese, dopo una guerra perduta aveva saputo affrontare il male ricevuto e fatto, perché tutti avevamo bisogno e voglia di vivere. Si ricominciò da una povertà assoluta per ricostruire una nazione forte e interessata a quel futuro comune che finora ci ha dato la sicurezza di una vita di pace e di collaborazione possibile. Anche qui ci si chiederà col tempo, abbastanza vicino, di camminare più in fretta verso quell'unità promessa, forse cambiando e migliorando l'atteggiamento verso chi chiede senza dare. Oggi dimentichiamo le bandiere di parte per aiutarci a vicenda e per una migliore ripresa del nostro paese. Ricordo un mio zio trentino che dopo avere combattuto e sopportato il tempo del fascismo aveva avuto il breve incarico ministeriale di riprendere la costruzione delle strade e delle ferrovie distrutte dalla guerra. Nella sua fantasia aveva proposto a mio padre, allora presidente del Consiglio, di non costruire nuove fabbriche ma di fare meravigliose strade lungo tutte le rive del nostro mare per far pagare agli stranieri meravigliosi viaggi lungo le ricchezze artistiche delle nostre città. Il costo sarebbe stato meno pesante di altre proposte e il guadagno certamente sicuro e migliore. Uno zio pieno di fantasia. Ma, visto oggi, non aveva ragione, forse?