A lezione da La Pira. Con l'occhio rivolto ai miseri e agli umili della terra
Un esempio è proprio l'oracolo di Isaia (11, 1-10: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse»), letto quest'anno nella seconda domenica di Avvento: il celebre testo parla di un giudice-re che instaurerà un «regno» di giustizia e pace. Certo, in quel discendente di Iesse noi siamo stati aiutati a scoprire il volto di Gesù di Nazaret, il figlio di Davide, il consacrato del Signore, il principe della pace. E dunque non possiamo applicarne, direttamente e senza mediazioni, i caratteri a questa o quella vicenda particolare della vita di una comunità politica. Ma a quei princìpi e criteri per l'esercizio di un potere, sia esso politico o giurisdizionale (oggi conosciamo la differenza, e la teniamo cara!) siamo tutt'altro che indifferenti: «Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra».
Nella varietà (e talvolta nell'opacità) delle vicende politiche e nella frammentazione di una società complessa, le scelte più importanti – pensiamo a quelle contenute in una legge di bilancio – devono guardare non al breve termine e agli interessi più forti, ma, appunto, devono essere decisioni eque per gli umili della terra.
Quelle caratteristiche del giudice-re sono poi, a ben vedere, riferibili anche ai governati, soprattutto in
uno Stato democratico, dove la giustizia non è più amministrata nel nome del re, ma del popolo, il quale esercita la propria «sovranità» nelle forme e nei limiti della Costituzione (tra questi, il referendum). Anche i governati devono evitare di dare giudizi secondo le apparenze e di basarsi sul sentito dire, e anche per essi vale il richiamo ai miseri (cioè a coloro verso i quali volgere il cuore, secondo quanto sperimentato nell'anno giubilare) e agli umili della terra.
Utopia (siamo a 500 anni dalla pubblicazione del capolavoro di Tommaso Moro), luogo che non c'è, visione astratta? Forse, ancora una volta, il «sentiero di Isaia» – come non ricordare qui Giorgio La Pira e le sue «attese della povera gente»? – riserva nuove sorprese, purché rimangano vivi in noi il senso dell'attesa, la speranza in un germoglio capace di sorgere anche su un tronco divenuto arido.