Ci sono canzoni zeppe di parole, scritte in un dialetto rude ma bello, per parlare di… «Uomini, o quasi, venuti dalla melma: per imparare a star nel catrame… Uno ha studiato per non prendere botte, uno ha comprato cravatta e giornale; l'altro ha provato a indossar la divisa: ma ha tenuto solo la pistola…». In quelle canzoni spesso si cantano vite scivolate fuori strada, e che paiono lontane. «E forse è andata come doveva andare… Uno fa il professore, ma una mattina han trovato un mitra nascosto in casa sua; l'altro non aveva studiato da gigolò, è inciampato nella donna sbagliata e in un sacco di coca nascosto nel cruscotto; il terzo faceva la guardia del corpo a un senatore, e per difendere una prostituta ha picchiato un assessore…». Ma queste sono anche canzoni che in ultimo sconvolgono, per quanto volano alto. «Ora che sanno com'è la galera, e han imparato i colori del metrò, fanno un brindisi alla buona condotta… Tra il marciapiede e il Duomo di Milano. Forse per entrare basta far quaranta passi… E questa bella Madonnina che ancora sa brillare, sarà anche piscinina, ma riesce pure ad ascoltare… Tre come loro». Ci sono canzoni che spiace "tradurre", che vanno ascoltate più che lette: sono le canzoni di Davide Van De Sfroos, e parlano di tre uomini, alla fine… uguali a noi.