Una foto, mille parole. 25, 12, 90… Tombola! Così Biasiucci e Paladino danno i numeri
25, Natale: segni e foto dalla "Tombola" di Biasucci e Paladino per Contrasto
Questa volta diamo i numeri. Una foto, mille parole e i numeri. Ma non preoccupatevi: niente matematica, aride cifre e calcoli cervellotici, bilancini e operazioni. I numeri sono quelli che in queste serate uniscono tutti, grandi e piccini, attorno a un tavolo. Per giocare e far festa, non certo per chiudere i conti e tirare le somme, anche se i tempi sono di quelli che i conti bisogna sempre farli, fra inflazione, tassi alle stelle e rinunce. I numeri sono quelli della Tombola. Pronti a giocare? Cartelle, tabellone e via: 1 l’Italia, 17 'A disgrazzia, 26 Nannarella, 45 ‘O vino bbuono, 47 ‘O muortu e 48 'O muortu che pparla, 63 ‘A sposa, 72 ‘A maraviglia, 80 ‘A vocca, 90 ‘A paura. Numero dopo numero, scorre la tombola con la smorfia napoletana, che poi è diventata la smorfia di tutti. La stessa del lotto. La stella che interpreta i sogni. Una tombola speciale, unica, che dà un volto e un'anima ai numeri, al loro significato e quindi ai sogni. Il tabellone si fa libro: Tombola (Contrasto, pagine 192, euro 79,90) di Mimmo Paladino e Antonio Biasiucci. E i numeri non li chiama una bimba con la voce squillante, ma si... sfogliano. Pagina dopo pagina.
Da una parte i numeri tratteggiati da Paladino, dall’altra le immagini di Biasiucci. Una fantastica giocata artistica che, passando dall'ambo al terno, dalla quaterna alla cinquina, accompagna le chiamate fino a quando tutte le caselle di una cartella si abbassano e uno, tutto contento può esclamare: "Tombola!", lasciando gli altri un po' delusi. Ma la Tombola è così. Come la vita. E chi perde si consola e spera che chi è sfortunato nel gioco, poi sia davvero fortunato in amore. Certo che ogni numero, in fondo, custodisce un sogno. E fino a quando si sogna, c’è sempre spazio per un’altra possibilità, riprovarci e giocarsela ancora.
25, Natale: una delle tavole della "Tombola" di Biasucci e Paladino per Contrasto - Antonio Biasucci e Mimmo Paladino
«Se pensate che l’associazione tra segni e significati sia arbitraria, provate a sfogliare questo libro e vi ricrederete. Perché dal nesso che stringe grafia e fotografia affiora il riflesso di una ragione originaria che scava nel fondo matematico delle cose. In realtà questa tombola, nata dall’accostamento tra i numeri di Mimmo Paladino e le foto di Antonio Biasiucci, ci fa balenare la proporzione primigenia che prende le misure all’essere - scrive Marino Niola nel testo introduttivo, “Numeri” -. E associa e dissocia, radica e sradica, obbedendo a una combinatoria invisibile ma inflessibile. A quegli echi lunghi che, per dirla con Baudelaire, “di lontano si confondono in una tenebrosa e profonda unità”. In effetti, nella cultura tradizionale napoletana l’enorme fortuna della tombola, e del lotto di cui è figlia, si fonda sulla convinzione che ci sia un’arcana corrispondenza fra gli avvenimenti della realtà e i novanta numeri che compongono la Smorfia, detta anche la Chiave dei sogni. Un libro per tutti. Per chi sa, ma soprattutto per chi non sa leggere. La sua “gaia scienza” infatti si tramanda per tradizione orale, come le fiabe, i miti, le leggende. E come le verità sapienziali. Che nella civiltà occidentale, ma non solo, vedono nel numero l’essenza delle cose. Il Sēfer Yĕṣīrāh, il libro ebraico della creazione, fa discendere tutti gli esseri e gli avvenimenti, la natura e la storia, da una sorgente numerica. La Smorfia è il libro del mondo spiegato al popolo. Tutta la realtà, presente passata e futura, è riconducibile alle novanta enigmatiche cifre del Libro dei sogni che funziona così come un grande mathema del mondo. Quel che mostrano i due artisti è che la tombola è molto più che colore e folklore». C’è una «poetica visionaria» di «portata universale».
Come le favole, «come una fantasia di bambini», anche l’arte si scopre allora «fatta di numeri: un due tre, una filastrocca, una cantilena ripetuta fino confondere anche gli adulti – scrive nel testo conclusivo, intitolato “Le tavole di Alice”, Eduardo Cicelyn -. Alla Regina Bianca che le chiede quanto faccia uno più uno più uno più uno, Alice risponde “non lo so, ho perso il conto”. E lo ripetono gli artisti, se gli si domanda il senso del loro lavoro. Tutto è nell’inizio: un, due, tre, via. Perché l’inizio è sempre un salto nel buio dopo una rincorsa. Sin dai primi anni Ottanta, concentrando lo sguardo nelle zone per così dire arretrate del mondo (dalla campagna campana alla periferia napoletana, dalle stalle ai vulcani), Biasiucci sulla strada del suo vecchio paese è inciampato nella tana del neroconiglio che lo ha condotto a perlustrare i confini disabitati e inabitabili del mondo». Fra segni e immagini «precipitiamo in un altro mondo ancora più profondo: sottofondo, anzi doppiofondo di un sapere astratto completamente fuori dal senso anche di una storia fantasiosa. Alice non abita più qui. Niente sogni, nessuna fantasia. La nuova tavola paladiniana, nel nero più nero del nero del mondo, si specchia senza paura nella tombola di Biasiucci, una sequenza di numeri in cui si perde ogni ragione, mentre nell’urto dell’uno contro l’altro nascono storie favolose che somigliano alla vita che da qualche parte scorre e ritorna all’aperto. I bambini. Gli artisti. L’eterno ritorno. Un, due, tre, via».
Pagine fantastiche con le opere di due grandi autori campani che ci aiutano a ritrovare il senso di un gioco continuo e perenne, quello della cabala del nostro tempo. Fra sogno e realtà, la tombola può cominciare: 25, Natale.
Una foto, 90 numeri e 899 parole. Tantissimi auguri e buona fortuna a tutti.