Scaffale basso
le mie fiabe sono più per gli adulti che per i bambini, che possono comprendere le cornici, gli ornamenti. Soltanto un adulto maturo può vedere e percepire i contenuti. La semplicità è solo una parte delle mie fiabe, il resto ha un sapore piccante”. Se è vero che ogni storia può avere molti livelli di lettura, è altrettanto vero che quelle di H.C. Andersen, proprio per il loro sapore amaro, duro e feroce, il realismo spesso doloroso e pessimista, il lieto fine in gran parte assente, non sono fiabe pensate per i più piccoli. Del resto la sua
infanzia infelice e il suo bisogno di emergere a tutti i costi, fatica di una vita, ne avevano fatto un uomo solo, inquieto e tormentato. Anche negli anni di indubbio successo. Composte tra il 1835 e il 1874, le sue 156 fiabe costituiscono un patrimonio senza eguali nell’ambito della cultura occidentale. Lettore dei Grimm e di Hoffmann, sul solco della tradizione che da Basile arriva a Perrault, nutrito da bambino dalle storie e dalle leggende della sua terra, Andersen ha modernizzato la fiaba. Innovandola nel linguaggio con la semplicità del parlato, ma soprattutto capovolgendone la prospettiva, spazzando maghi, streghe fate e orchi, creature dai super poteri, e mettendo in campo oggetti e animali umanizzati, personcine povere e sfortunate, spesso mettendosi lui stesso a livello dei protagonisti, diventando abete, salvadanaio, pupazzo di neve, teiera, ago da rammendo… In questo il segreto del suo successo: l’invenzione di figure irreali, infelici e dotate di grande umanità, calate nel mondo reale. E’ una delizia questa preziosa edizione di Fiabe e storie pubblicata dall’editore Donzelli, con la traduzione integrale dal danese di Bruno Berni e un’introduzione di Vincenzo Cerami (37 euro), arricchita dalle tavole immaginifiche dell’illustratore argentino Fabian Negrin che è riuscito a tradurre in immagini intense i sogni visionari di Andersen. Un universo da conoscere oltre la Sirenetta, oltre la piccola fiammiferaia e il soldatino di stagno… Dai 15 al 99 anni.
Non è stato un semplice restiling. Nessun
dizionario sopporterebbe una spolverata al testo con qualche integrazione d’obbligo e una nuova copertina per tornare appetibile sul mercato quindici anni dopo. E’ davvero tutta un’altra cosa questo Dizionario della Fiaba da quello, ormai esaurito, che Teresa Buongiorno aveva pubblicato nel 1997 con Vallardi e che oggi ha riportato a nuova vita grazie all’editore Lapis, integrato, aggiornato e rivisto radicalmente (14,50 euro). Ci voleva una nuova guida ragionata a un mondo che, chi lo sa, anche sull’onda del bicentenario dei Grimm, ha conosciuto un risveglio d’interesse, editoriale e di pubblico. Occorreva una nuova “bussola - come sottolinea con garbo Vinicio Ongini, anche lui grande esperto di fiabe, nella prefazione al volume – “per i viandanti, piccoli o grandi, ingenui o scaltri, che si avventurano in questo Bosco fitto di storie, piste narrative, tracce, sorprese, suggerimenti e materiali”. Un mondo sterminato, complicato,
difficile da circoscrivere e persino catalogare in un manuale. Soggetto a inclusioni ed esclusioni del tutto arbitrarie. Con la competenza della storica, la sensibilità che da una vita la lega al mondo dell’infanzia, la sua inconfondibile verve di narratrice e non ultimo il mestiere del giornalista, Teresa Buongiorno ha ripreso in mano la sfida di mettere ordine al caotico e magico universo fiabesco districandosi tra autori, classici, moderni e contemporanei, collegando storie e personaggi, trame, origini e varianti, versioni, attualizzazioni e riscritture, fortune e successi di trasposizioni cinematografiche e adattamenti teatrali. Da Andersen a Giambattista Basile, ispiratore di Perrault e dei Grimm,
da Calvino a Pitré, da Collodi a Fedro a Bianca Pitzorno, Roberto Denti e Donatella Ziliotto, il catalogo è nutrito, interessante e sorprendente. Le curiosità, disseminate come tante chicche, fanno voglia di riprendere i testi, saperne di più e poi raccontare… Imperdibile per genitori, nonni, insegnanti ed eterni bambini, mai sazi del c’era una volta.
Colline rocciose tappezzate di erica, pecore e capre che brucano senza tregua qua e là; brughiere ventose sovrastate da nuvole grigie che corrono veloci in cielo; torrenti impetuosi e laghi appena increspati in cui è facile veder scendere la nebbia come una coltre che intende occultare strane creature; scogliere a picco sul mare battute dal maestrale. E’ una natura selvaggia e solitaria, piena di brume, ombre e rumori che incutono timore, quella che fa da sfondo alle Fiabe e leggende dalla Scozia raccolte ne Il canto delle Scogliere, decimo volume della serie curata da Luigi Dal Cin pubblicata dall’editore Franco Cosimo Panini (14 euro) in collaborazione con la Mostra internazionale dell’illustrazione per l’infanzia di Sàrmede “Le immagini della fantasia”- quest’anno alla trentaduesima edizione -
da cui sono tratte le illustrazioni. Dieci racconti della tradizione popolare scozzese pieni di magie e sortilegi, giganti litigiosi, spiritelli che sarebbe meglio non irritare, principesse coraggiose in amore e creature mostruose aggressive qualche volta gabbate dall’intelligenza e dall’astuzia dei semplici. E ancora fate e folletti, elfi e sirene del Piccolo Popolo, creature minuscole e imprevedibili abili nell’usare le loro arti magiche per fare dispetti ma gentili e riconoscenti con chi fa loro del bene. Un tesoro senza tempo che non finisce mai di ammaliare.
La vicenda de La bella e la bestia non ha bisogno di troppe presentazioni. Numerose nel tempo sono state le versioni, le edizioni, le traduzioni e molteplici gli adattamenti teatrali e cinematografici. Come non ricordare
il film d’animazione targato Disney, del 1991, arcifamoso e premiato con due Oscar. Quello che l’editore Gallucci
ha appena pubblicato è un volume raffinato e pregevole nella veste editoriale, impreziosito dalle illustrazioni di David Sala che ricordano nelle atmosfere, nei corpi fluttuanti, nei decori e nei decori floreali e non, nei tocchi d’oro che risaltano sugli sfondi neri, le tele di Klimt. (18 euro). Anche il testo è d’autore: si tratta della traduzione classica di Carlo Collodi della versione più popolare della fiaba, pubblicata nel 1756 da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont. Aveva quasi cinquant’anni Collodi quando nel 1875 si mise a tradurre su commissione e pubblicò I racconti delle fate, una raccolta di quelle favole che in Francia andavano per la maggiore. Alle più conosciute tratte da i Contes de ma Mère l’Oye di Charles Perrault aggiunse anche quattro storie di Madame d’Aulonoy e due di Madame Leprince de Beaumont, Il principe Amato e La Bella e la Bestia. Favola deliziosa questa, non solo un inno alla profondità dell’amore che sa andare oltre le apparenze. La trasformazione della bestia orrenda in principe di bell’aspetto ci ricorda che senza amore non c’è pienezza umana. Un volume per tutte le età.
Anche Charles Perrault torna a farci sognare con le sue bambine curiose e disubbidienti, i lupi affamati e feroci, le principesse vittime di fate malefiche, le ragazzine maltrattate dalle odiose matrigne e dalle terribili sorellastre ma destinate a diventare regine, i gatti sapientoni e gli orchi dalla barba blu… I racconti di Mamma Oca, usciti in Francia nel 1697, arrivano in libreria nella collana del Battello a Vapore Piemme che raccoglie i classici di tutti i tempi, con testo originale integrale e un interessante corredo di note e informazioni a lato di ogni pagina.(14 euro) Azzeccata la scelta dell’illustratore: Desideria Guicciardini, premio Andersen 2014,
con le sue silhouette nei toni del bianco del nero e del grigio e uno sguardo laterale, compone quadri di grande suggestione. Restituendo talora anche quell’inquietudine che emana da alcune favole come Barbablù o Pollicino. Dagli 8 agli 88 anni.