Dopo la morte della nonna, Kit Watson si è trasferito a Stoneygate con i genitori per stare vicino al nonno. Stoneygate è il luogo in cui è nato suo padre e ancor prima il nonno e il suo bisnonno, un paese di generazioni di ex minatori dove ogni angolo lascia intravvedere i segni lugubri della presenza della vecchia miniera. Rimasugli di antiche scorie, ingranaggi abbandonati, caverne e grosse crepe a disegnare il labirinto sotterraneo che per anni ha inghiottito come un destino inevitabile la vita quotidiana di uomini e bambini. Per Kit il passato torna a farsi vivo prima nei racconti del nonno poi sembra materializzarsi nelle ombre di un gruppo di bambini morti in miniera anni addietro, evocati durante un macabro Gioco della Morte a cui il ragazzo partecipa sfidato da un coetaneo del paese, John Askew. Quel che si dice un tipo poco raccomandabile: ombroso e scostante John è l’anima di quel gioco che si consuma all’interno di una grotta, un rituale un po’ rozzo di messa alla prova del coraggio, un segreto da ragazzi, impressionante e fonte di grandi turbamenti per tutti. Soprattutto per Kit, a cui piace ascoltare e scrivere storie ma nella cui fantasia il passato pian piano torna nei sogni come un’ossessione da cui liberarsi. E questo mentre il nonno comincia a perdere la memoria e John sembra sparito nel nulla.“Il grande gioco” - un’altra grande prova di scrittura di David Almond (autore, è bene ricordarlo, di “Skelling”) - è una articolata metafora dell’adolescenza, il tempo della crescita, delle grandi domande, dei misteri e delle paure; l’età in cui si sprofonda con tormento nel buio prima di lasciare andare, insieme all’infanzia, le ombre del passato e risalire alla luce del futuro. Pubblica Salani (13,90 euro). Dai 13 anni. Un cappottone a sei bottoni con una grande stella gialla cucita sulla manica è tutto quello che resta a Mika di suo nonno, ucciso barbaramente a sangue freddo da un soldato tedesco, in mezzo alla strada del ghetto di Varsavia - nella Polonia invasa dai nazisti - punito per un semplice e spontaneo gesto di umana solidarietà. Ma in quel cappotto che lo ripara dal freddo, fuori misura per una ragazzino di dodici anni, Mika trova un labirinto segreto di tasche nel quale il vecchio professore aveva nascosto un mondo di cose care. Persino un burattino che per lui diventa l’inizio una nuova magica ragione di vita. Pretesto per raccontare storie che danno voce alla sua fantasia, un rifugio dagli orrori a cui assiste, e intanto scaldano il cuore della gente del ghetto, tenendone viva la speranza. La fama del piccolo burattinaio di Varsavia si diffonde e approda anche tra le fila dei soldati tedeschi. E’ il soldato Max a imporre a Mika un crudele contratto, per dar spettacolo ai nazisti, che non gli lascia via d’uscita. Ma i burattini cambieranno la vita di entrambi. Con “Il piccolo burattinaio di Varsavia”(Mondadori; 17 euro) Eva Weaver racconta una storia dolorosa di coraggio e sopravvivenza, di speranza e innocenza dentro la grande follia della guerra e della persecuzione degli ebrei. Una Storia che ogni ragazzo dovrebbe conoscere per non dimenticare che quella follia può ripetersi a ogni generazione. Dai 14 anni.