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La fiaba è servita. Cibi incantati d'Italia

Rossana Sisti venerdì 23 ottobre 2015
 Pentolini magici, bambine affamate e orchi dalla gola mai sazia, volpi astute e lupi avidi dalla pancia vuota, pizze ballerine, principesse dal nome aromatico, alberi che portano frutti colorati come i capelli di ragazzine un po’ magiche. La fame e l’abbondanza, la meraviglia, i sapori e i profumi abitano da sempre le fiabe: non poteva non essere il cibo quest’anno – un omaggio al tema dell’Expo milanese – il protagonista della trentatreesima edizione de Le immagini della fantasia, storica Mostra internazionale dedicata all’illustrazione per l’infanzia (dal 25 ottobre 2015  al 24 gennaio 2016) a Sàrmede, il paese delle fiabe. Come sempre, dalla collaborazione con la manifestazione nasce un volume – l’undicesimo della collana pubblicata da Franco Cosimo Panini Editore (14 euro) - che raccoglie alcune delle fiabe e delle illustrazioni presenti alla Mostra.  Annuncio invitante il titolo: La fiaba è servita! Cibi incantati dall’Italia, ovvero dieci fiabe italiane legate al cibo, riscritte da Luigi Dal Cin e interpretate da dieci illustratrici anche loro italiane. Ma che cosa hanno in comune cibo e fiabe? È facile, vanno in coppia dalla notte dei tempi: entrambi elementi essenziali alla vita, nutrimento prezioso per il corpo e per la mente di piccoli e adulti. Albert Einstein consigliava per i bambini super nutrimenti: “Se volete che vostro figlio sia intelligente, raccontategli delle fiabe. Se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più”.

Del resto come il cibo le fiabe sono un linguaggio universale. «Incontrando i bambini di tante scuole d’Italia – racconta Luigi Dal Cin – mi imbatto in storie straordinarie che arrivano da ogni parte del mondo. Ed è bello che ogni bambino possa portare il proprio contributo di immaginario e condividerlo con i compagni, come un patrimonio che appartiene a tutti. Perché le fiabe raccontano ciò che accomuna gli uomini. La vita e la morte, i desideri, le speranze, le paure, la fame, l’amore». Per questo vivono e viaggiano da secoli. Sarà, come sosteneva il grande autore irlandese William Butler Yeats, che passando di bocca, di generazione in generazione, hanno perso tutto il superfluo e mantenuto l’essenziale per l’umanità.

Nella sua ricerca Luigi Dal Cin ha attinto da antiche e originali raccolte di fiabe della tradizione popolare nostrana, scartabellando volumi poco noti, con l’intento di individuarne alcune tra le meno conosciute. Il punto centrale dello studio riporta a un cibo che abbonda nelle fiabe ma non sulle tavole, drammaticamente vuote, dove la povera la gente non riesce a  mettere granché.«Nelle fiabe – spiega l’autore - si parla di cibo proprio quando questo scarseggia nella vita reale. Molte fiabe italiane prendono l’avvio dalla fame, condizione che ha accompagnato per secoli la vita dei nostri contadini. È la fame, nella fiaba veneta Le frittelle del Barba Zucon, a spingere la mamma – che ha ricevuto in dono un pugno di farina – a chiedere in prestito la padella del terribile Barba Zucon, ed è la fame che spinge la figlia a mangiare le frittelle che dovevano essere il segno di ringraziamento per il prestito: la fame innesca  un crescendo di conseguenze paurose con l’orco deciso a vendicarsi, in cui però, alla fine, l’astuzia e l’amore vincono contro la forza bruta. È ancora la fame, in una fiaba sarda La cena della strega, a spingere la donna con in tasca un solo seme di fava a cercare di scambiarlo, astutamente, con qualcosa di più consistente da mettere sotto i denti». Lo stesso può dirsi di Pentolino, fiaba toscana, dove la fame coinvolge una famiglia numerosa e spinge l’ultimo nato, che non è un bambino ma un pentolino di rame, a intrufolarsi nelle cucine dei ricchi, a farsi riempire di buone pietanze per poi correre a sfamare  la famiglia. «Ma la fame più nera non è vinta solo da furbizia, abilità e destrezza. Spesso entrano in campo aiutanti magici che premiano con l’abbondanza un gesto di generosità - continua Luigi dal Cin – come il pezzo di formaggio che la giovane protagonista di La padella magica, fiaba dell’Alto Adige, regala per compassione a un nano di montagna, ricevendo in cambio una padella che magicamente si riempie di cibo per sfamare sette sorelle. Altre volte invece la crudezza della fiaba si piega all’armonia della natura, accostando la bellezza di giovani donne alla freschezza e al colore di piante e frutti». Ragazze magicamente nate dal rosmarino, innaffiato con il latte, o solari come i limoni che si faranno conquistare dal principe solo quando questi riuscirà ad andare oltre le apparenze, a cogliere quel che non si vede.