Popotus

Le parole si possono addomesticare Per continuare a scrivere

Rossana Sisti martedì 10 novembre 2015
​Quando Annalisa ha iniziato le elementari sono cominciati per lei anche i problemi. In quella scuola si insegnava a scrivere con un metodo sperimentale e alternativo, ma quel sistema senza regole con lei non funzionava. Per quella difficoltà, che in termine tecnico si chiama disortografia, Annalisa ha dovuto cambiare scuola con il risultato di aver imparato a scrivere molto più tardi. Annalisa Strada oggi è un’insegnante di lettere alle medie oltre che un’autrice affermata e super premiata di libri che si rivolgono a bambini e ragazzi. Oggi può sorridere se alla lavagna le scappa un errorino ma da bambina il suo impaccio nello scrivere le parole l’ha fatta soffrire. Non c’è da stupirsi quindi se la Margherita protagonista del suo ultimo romanzo rivolto a lettori di 7-8 anni Allora non scrivo più! (Il Battello a Vapore Piemme; 8,50 euro) le somiglia e non solo per via dei capelli rosso fuoco, delle lentiggini e della pelle chiara come la luna. “In questa storia – racconta – c’è molto di me. Ci sono le mie tribolazioni con la scrittura, le mortificazioni per gli insuccessi, il confronto con una sorella assai diligente a scuola, le ansie della famiglia. Anch’io ho avuto una mamma molto preoccupata dei miei risultati scolastici. Anch’io mi sono sentita spesso tutta sbagliata. Non capivo cosa ci fosse in me di strano che mi impediva di fare quello che ad altri riusciva con naturalezza. Per fortuna la mia era una difficoltà abbastanza leggera ma  questo non mi ha impedito di soffrirne”. Soprattutto per il confronto demoralizzante con le prove dei compagni. Le figuracce alla lavagna sono umilianti, ma non solo: capita a tutti prima o poi di dover lasciare un messaggio a un compagno, di scrivere una lettera o un biglietto d’auguri. E allora tutto diventa complicato, gli altri non capiscono perché sbagli e così scatta la presa in giro. “Non è per niente facile essere l’unica che non riesce ad addomesticare le parole - spiega la scrittrice – con il resto della classe che ti guarda come una bestia rara o peggio come una ritardata, ridacchia, fa commenti crudeli mentre tu ti senti una ciambella senza il buco”. Poi ci sono le maestre insofferenti come quella di Margherita, che non sanno riconoscere il disagio e lo scambiano per distrazione o menefreghismo. La distrazione invece non c’entra per niente e neppure l’intelligenza. Il bambino disortografico non è tonto né un lavativo, ma viene scambiato per un pigro negligente proprio perché in altre materie se la cava egregiamente. Sovente invece basta smettere di tormentarlo sugli errori di ortografia, dotarlo di un computer con il correttore automatico per dargli un appoggio concreto e fargli capire che ce la può fare. Annalisa ne è la prova: “Insegnanti insofferenti davanti a bambini tanto misteriosi ce ne sono ancora, nella mia esperienza di insegnamento ne ho conosciuti, ma ne ho incontrati anche tanti altri attenti e comprensivi. A me è successo anche da allieva. Ho cambiato scuola e finalmente ho trovato un’insegnante che ha capito e mi ha aiutato ad aggirare le difficoltà. Non mi puniva sull’ortografia e mi incoraggiava sui contenuti e sull’esposizione”. Soprattutto incoraggiava tutta la classe a essere solidale con lei. Perché ogni bambino va rincuorato, spinto a convincersi che può farcela. E farcela meglio.