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Intervista a Susin Nielsen «Riderci sopra, che buona idea!»

Alessandro Zaccuri martedì 6 ottobre 2015

Susin Nielsen ha un trucco per affrontare le difficoltà: «Quando le cose si mettono male – confessa – provo a guardarle da un altro punto di vista. Magari potrebbe uscirne una storia divertente, mi dico. E il più delle volte è proprio così». Il metodo può essere utile a tutti, ma per una scrittrice è una specie di arma segreta. Canadese di Vancouver, Susin Nielsen è infatti autrice di romanzi per ragazzi (o, meglio, “giovani adulti”, come si usa dire oggi) che stanno riscuotendo successo in tutto il mondo. Anche in Italia, dove sono usciti, tra gli altri, il best seller Lo sfigato e, più di recente, Siamo tutti fatti di molecole (Il Castoro, euro 15,50). «Ogni libro per me è diverso dai precedenti – afferma la scrittrice – ma in tutti c’è qualcosa di me e della mia famiglia».

In che senso?

Be', per esempio mi fido molto del giudizio di mio figlio, che adesso ha 19 anni. All’inizio, quand’era un po’ più piccolo, si divertiva molto a leggere i miei manoscritti. Ultimamente sta più sulle sue, ma sono disposta a dargli una mancia pur di avere il suo parere su quello che sto scrivendo.

Ma perché uno scrittore è così interessato a quello che pensano gli altri?

Personalmente sono interessata al rapporto con le persone. Per questo, per esempio, frequento un Club del libro, dove i lettori si incontrano per scambiarsi opinioni e punti di vista su questo o quel romanzo. Spesso si finisce a parlare di se stessi e dei propri problemi, ma credo che sia giusto così.

Che rapporto ha con i suoi lettori?

Ricevo molte lettere, moltissime e-mail. I miei libri si rivolgono a un pubblico di adolescenti e affrontano spesso situazioni delicate. Quello che più mi riempie di gioia è rendermi conto che un mio romanzo può aiutare una persona in difficoltà. Ricordo in particolare una ragazza del Michigan, con la quale ci siamo scritte per diverso tempo. Si trovava in una condizione molto simile a quella che avevo descritto in un mo libro. Tenersi in contatto con me, mi ha detto in seguito, le è stato di aiuto nel trovare una via d’uscita. Riderci sopra, in ogni caso, è sempre una buona idea.

Prima di scrivere romanzi lei ha lavorato molto per la tv, vero?

Sì, per me è stata una scuola importante. Mi ha insegnato a dare ritmo alle storie che racconto, senza disperdermi troppo in particolari che, alla fine, rischiano di distrarre il lettore. E la lezione della tv continua ad assistermi quando si tratta di scrivere un dialogo. Ad ogni modo, scrivere romanzi mi piace di più. Mi sento più libera, meno condizionata in quello che sto facendo.