Il viaggio in Perù. Un pezzo di Amazzonia ora si chiama papa Francesco
“Nihii papa Francesco”. D’ora in poi, 1.800 ettari di foresta della riserva della Tambopata si chiameranno così. Cioè “Bosco papa Francesco”. Un omaggio “a uno dei grandi custodi dell’Amazzonia del nostro tempo. Il Pontefice ama la foresta e la protegge, come facciamo noi indigeni da tempo immemorabile”, racconta Nadia Pacaya di Boca Pariamanu, a due ore di barca da Puerto Maldonado.
La comunità di etnia Amahuaka – di profonda fede cattolica – ha voluto ringraziare così Francesco per la sua sosta di venerdì a Madre de Diós. “E’ stato un gesto prezioso. Ha attirato gli sguardi del mondo su di noi e sui nostri problemi”, dice l’attivista, presidente dell’Associazione forestale indigena Madre de Diós (Afimad), organismo parte della Federazione regionale Fenamad. Su Boca Pariamanu si allunga l’ombra sinistra dei cercatori clandestini d’oro e dei trafficanti di legname. La comunità resiste anche grazie al sostegno di Cesvi. A partire dal 2012, l’Ong l’ha aiutata a immettere nel mercato internazionale il suo prodotto base: le noci amazzoniche.
Da sempre gli indios le raccolgono quando cadono. Prima, però, si limitavano a consumarle. “Ora le vendono nel circuito del commercio equo al ritmo di mille sacchi da 60 chili l’uno. I proventi consentono ai nativi, spesso dimenticati dalle politiche pubbliche, di avere una buona fonte di reddito sicura senza produrre alcun danno alla foresta”, spiega Stefania Mejia di Cesvi. “Certo, con l’oro guadagneremmo di più. Ma noi sappiamo che nessuna somma di denaro vale la vita di un albero”, conclude Nadia.