Cari Frati Minori,
Siate i benvenuti! Ringrazio il Ministro Generale, Padre Michael Perry, per le sue cordiali parole e gli auguro ogni bene per il compito nel quale è stato confermato. Estendo il mio saluto all’intero Ordine, specialmente ai confratelli malati e anziani, che sono la memoria dell’Ordine e sono la presenza di Cristo crocifisso nell’Ordine.
In queste giornate di riflessione e di preghiera, voi vi siete lasciati guidare in particolare da due elementi essenziali della vostra identità: la minorità e la fraternità.
Io ho chiesto consiglio a due francescani amici, giovani, dell’Argentina: “Devo dire qualcosa su questo, sulla minorità, dammi un consiglio”. Uno mi ha risposto: “Dio me la conceda ogni giorno”. L’altro mi ha detto: “È quello che cerco di fare tutti i giorni”. Questa è la definizione di minorità che questi due amici, giovani francescani, della mia terra, mi hanno dato.
La minorità chiama ad essere e sentirsi piccoli davanti a Dio, affidandosi totalmente alla sua infinita misericordia. La prospettiva della misericordia è incomprensibile per quanti non si riconoscono “minori”, cioè piccoli, bisognosi e peccatori davanti a Dio. Quanto più siamo consapevoli di questo, tanto più siamo vicini alla salvezza; quanto più siamo convinti di essere peccatori, tanto più siamo disposti ad essere salvati. Così accade nel Vangelo: le persone che si riconoscono povere davanti a Gesù vengono salvate; chi invece ritiene di non averne bisogno non riceve la salvezza, non perché non gli sia stata offerta, ma perché non l’ha accolta. Minorità significa anche uscire da sé stessi, dai propri schemi e vedute personali; significa andare oltre le strutture – che pure sono utili se usate saggiamente –, andare oltre le abitudini e le sicurezze, per testimoniare concreta vicinanza ai poveri, ai bisognosi, agli emarginati, in un autentico atteggiamento di condivisione e di servizio.
Anche la dimensione della fraternità appartiene in maniera essenziale alla testimonianza evangelica. Nella Chiesa delle origini, i cristiani vivevano a tal punto la comunione fraterna da costituire un segno eloquente e attraente di unità e di carità. La gente era stupita nel vedere i cristiani così uniti nell’amore, così disponibili nel dono e nel perdono vicendevole, così solidali nella misericordia, nella benevolenza, nell’aiuto reciproco, unanimi nel condividere le gioie, le sofferenze e le esperienze della vita. La vostra famiglia religiosa è chiamata ad esprimere questa fraternità concreta, mediante un recupero di fiducia reciproca – e sottolineo questo: recupero di fiducia reciproca - nelle relazioni interpersonali, affinché il mondo veda e creda, riconoscendo che l’amore di Cristo guarisce le ferite e rende una cosa sola.
In questa prospettiva, è importante che venga recuperata la coscienza di essere portatori di misericordia, di riconciliazione e di pace. Realizzerete con frutto questa vocazione e missione se sarete sempre più una congregazione “in uscita”. Questo del resto corrisponde al vostro carisma, attestato anche nel “Sacrum Commercium”. In questo racconto sulle vostre origini si narra che ai primi frati fu chiesto di mostrare quale fosse il loro chiostro. Per rispondere, essi salirono su un colle e «mostrando tutt’intorno la terra fin dove giungeva lo sguardo dissero: “Questo è il nostro chiostro”» (63: FF 2022). Cari fratelli, in questo chiostro, che è il mondo intero, andate ancora oggi spinti dall’amore di Cristo, come vi invita a fare san Francesco, che nella Regola bollata dice: «Consiglio, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo, che quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di parole e non giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti... In qualunque casa entreranno, dicano prima di tutto: “Pace a questa casa”; e sia loro lecito mangiare di tutti i cibi che saranno loro messi davanti (III, 10-14: FF 85-86). Quest’ultima cosa è buona!
Queste esortazioni sono di grande attualità; sono profezia di fraternità e di minorità anche per il nostro mondo di oggi. Quanto è importante vivere un’esistenza cristiana e religiosa senza perdersi in dispute e chiacchiere, coltivando un dialogo sereno con tutti, con mitezza, mansuetudine e umiltà, con mezzi poveri, annunciando la pace e vivendo sobriamente, contenti di quanto ci è offerto! Ciò richiede anche un impegno deciso nella trasparenza, nell’uso etico e solidale dei beni, in uno stile di sobrietà e di spogliazione. Se, invece, siete attaccati ai beni e alle ricchezze del mondo, e ponete lì la vostra sicurezza, sarà proprio il Signore a spogliarvi da questo spirito di mondanità al fine di preservare il prezioso patrimonio di minorità e di povertà a cui vi ha chiamato per mezzo di san Francesco. O siete voi liberamente poveri e minori, o finirete spogliati.
Lo Spirito Santo è animatore della vita religiosa. Più gli diamo spazio, più Egli è l’animatore dei nostri rapporti e della nostra missione nella Chiesa e nel mondo. Quando le persone consacrate vivono lasciandosi illuminare e guidare dallo Spirito, scoprono in questa visione soprannaturale il segreto della loro fraternità, l’ispirazione del loro servizio ai fratelli, la forza della loro presenza profetica nella Chiesa e nel mondo. La luce e la forza dello Spirito vi aiuteranno anche ad affrontare le sfide che sono davanti a voi, in particolare il calo numerico, l’invecchiamento e la diminuzione delle nuove vocazioni. È una sfida, questa. Poi vi dico: il popolo di Dio vi ama. Il Cardinale Quarracino una volta mi ha detto più o meno queste parole: “Nelle nostre città ci sono gruppi o persone un po’ mangiapreti, e quando passa un sacerdote gli dicono certe cose: “Corvo” - in Argentina gli dicono questo -; lo insultano, non fortemente, ma qualcosa gli dicono. Mai, mai, mai - mi diceva Quarracino - dicono queste cose ad un abito francescano”. E perché? Voi avete ereditato un’autorevolezza nel popolo di Dio con la minorità, con la fratellanza, con la mitezza, con l’umiltà, con la povertà. Per favore, conservatela! Non perdetela! Il popolo vi vuole bene, vi ama.
Vi sia di incoraggiamento nel vostro cammino la stima di questa tanta buona gente, come pure l’affetto e l’apprezzamento dei Pastori. Affido l’intero Ordine alla materna protezione della Vergine Maria, da voi venerata come speciale Patrona con il titolo di Immacolata. Vi accompagni anche la mia Benedizione che di cuore vi imparto; e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me, ne ho bisogno. Grazie!