Quella cristiana è una religione concreta, che agisce facendo il bene, non una “religione del dire”, fatta di ipocrisia e vanità. Papa Francesco lo ha ripetuto commentando la liturgia del giorno all’omelia della Messa celebrata in Casa S. Marta. Durante la Quaresima, ha concluso, Dio “ci insegni la strada del fare”. Il servizio di Alessandro De Carolis per la Radio Vaticana.
La vita cristiana è concreta, “Dio è concreto”, ma tanti sono i cristiani per “finta”, quelli che fanno dell’appartenenza alla Chiesa un fregio senza impegno, un’occasione di prestigio invece che un’esperienza di servizio verso i più poveri.
La strada del fare
Il Papa intreccia il brano liturgico del giorno del profeta Isaia col passo del Vangelo di Matteo per spiegare una volta ancora la “dialettica evangelica fra il dire e il fare”. L’enfasi di Francesco è sulle parole di Gesù, che smaschera l’ipocrisia di scribi e farisei invitando discepoli e folla a osservare ciò che loro insegnano ma a non comportarsi come loro agiscono:
“Il Signore ci insegna la strada del fare. E quante volte troviamo gente – anche noi, eh! – tante volte nella Chiesa: “O sono molto cattolico!”. “Ma cosa fai?” Quanti genitori si dicono cattolici, ma mai hanno tempo per parlare ai propri figli, per giocare con i propri figli, per ascoltare i propri figli. Forse hanno i loro genitori in casa di riposo, ma sempre sono occupati e non possono andare a trovarli e li lasciano abbandonati. ‘Ma sono molto cattolico, eh! Io appartengo a quella associazione’.
Questa è la religione del dire: io dico che sono così, ma faccio la mondanità”.
Quello che vuole Dio
Quello del “dire e non fare”, afferma il Papa, “è un inganno”. Le parole di Isaia, sottolinea, indicano cosa Dio preferisca: “Cessate di fare il male, imparate a fare il bene”. “Soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova”. E dimostrano anche altro, l’infinita misericordia di Dio, che dice all’umanità: “Su, venite e discutiamo. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve”:
“La misericordia del Signore va all’incontro di quelli che hanno il coraggio di discutere con Lui, ma discutere sulla verità, sulle cose che io faccio o quelle che non faccio, per correggermi. E questo è il grande amore del Signore, in questa dialettica fra il dire e il fare. Essere cristiano significa fare: fare la volontà di Dio. E l’ultimo giorno – perché tutti noi ne avremo uno, eh! – quel giorno cosa ci domanderà il Signore? Ci dirà: “Cosa avete detto su di me?”. No! ci domanderà delle cose che abbiamo fatto”.
I cristiani per finta
E qui il Papa cita l’amato capitolo del Vangelo di Matteo sul giudizio finale, quando Dio chiederà conto all’uomo di ciò che avrà fatto ad affamati, assetati, carcerati, stranieri. “Questa – esclama Francesco – è la vita cristiana. Invece il solo dire ci porta alla vanità, a quel fare finta di essere cristiano. Ma no, non si è cristiani così”:
“Che il Signore ci dia questa saggezza di capire bene dov’è la differenza fra il dire e il fare e ci insegni la strada del fare e ci aiuti ad andare su quella strada, perché la strada del dire ci porta al posto dove erano questi dottori della legge, questi chierici, ai quali piaceva vestirsi ed essere proprio come se fossero una maestà, no? E questo non è la realtà del Vangelo! Che il Signore ci insegni questa strada”.