La speranza nella misericordia di Dio apre gli orizzonti e ci rende liberi, mentre la rigidità clericale chiude i cuori e fa tanto male: così il Papa nella Messa del mattino presieduta a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti per la Radio Vaticana.La prima Lettura del giorno, tratta dal Libro dei Numeri, parla di Balaam, un profeta ingaggiato da un re per maledire Israele. Balaam – osserva il Papa – “aveva i suoi difetti, ma persino i peccati. Perché tutti abbiamo peccati, tutti. Tutti siamo peccatori. Ma non spaventatevi – esorta il Pontefice - Dio è più grande dei nostri peccati”. “Nel suo cammino Balaam incontra l’angelo del Signore e cambia il cuore”. “Non cambia di partito” ma “cambia dall’errore alla verità e dice quello che vede”: il Popolo di Dio dimora nelle tende in mezzo al deserto e lui “oltre il deserto vede la fecondità, la bellezza, la vittoria”. Ha aperto il cuore, “si converte” e “vede lontano, vede la verità”, perché “con buona volontà sempre si vede la verità”. “E’ una verità che dà speranza”.
“La speranza – afferma Papa Francesco - è questa virtù cristiana che noi abbiamo come un gran dono del Signore e che ci fa vedere lontano, oltre i problemi, i dolori, le difficoltà, oltre i nostri peccati”. Ci fa “vedere la bellezza di Dio”: “Quando io mi trovo con una persona che ha questa virtù della speranza ed è in un momento brutto della sua vita – sia una malattia sia una preoccupazione per un figlio o una figlia o qualcuno della famiglia sia qualsiasi cosa – ma ha questa virtù, in mezzo al dolore ha l’occhio penetrante, ha la libertà di vedere oltre, sempre oltre. E questa è la speranza. E questa è la profezia che oggi la Chiesa ci dona: ci vuole donne e uomini di speranza, anche in mezzo a dei problemi. La speranza apre orizzonti, la speranza è libera, non è schiava, sempre trova un posto per arrangiare una situazione”.
Nel Vangelo, ci sono i capi dei sacerdoti che chiedono a Gesù con quale autorità agisca: “Non hanno orizzonti” – dice il Papa - sono “uomini chiusi nei loro calcoli”, “schiavi delle proprie rigidità. E i calcoli umani “chiudono il cuore, chiudono la libertà”, mentre “la speranza ci fa leggeri”: “Quanto bella è la libertà, la magnanimità, la speranza di un uomo e una donna di Chiesa. Invece, quanto brutta e quanto male fa la rigidità di una donna o di un uomo di Chiesa, la rigidità clericale, che non ha speranza. In quest’Anno della Misericordia, ci sono queste due strade: chi ha speranza nella misericordia di Dio e sa che Dio è Padre; Dio perdona sempre, ma tutto; oltre il deserto c’è l’abbraccio del Padre, il perdono. E, anche, ci sono quelli che si rifugiano nella propria schiavitù, nella propria rigidità, e non sanno nulla della misericordia di Dio. Questi erano dottori, avevano studiato, ma la loro scienza non li ha salvati”.
Il Papa conclude l’omelia raccontando un fatto accaduto nel 1992 a Buenos Aires, durante una Messa per i malati. Stava confessando ormai da molte ore, quando è arrivata una donna molto anziana, ottantenne, “con gli occhi che vedevano oltre, questi occhi pieni di speranza”: “E io ho detto: ‘Nonna, lei viene a confessarsi?’. Perché io mi stavo alzando. ‘Sì’. ‘Ma lei non ha peccati’. E lei m’ha detto: ‘Padre, tutti ne abbiamo’. ‘Ma, forse il Signore non li perdona?’. ‘Dio perdona tutto!’, m’ha detto. Dio perdona tutto. ‘E come lo sa?’, ho chiesto. ‘Perché se Dio non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe’. Davanti a queste due persone - il libero, la speranza, quello che ti porta la misericordia di Dio e il chiuso, il legalista, proprio l’egoista, lo schiavo delle proprie rigidità – ricordiamo questa lezione che questa anziana ottantenne – era portoghese – mi ha dato: Dio perdona tutto, soltanto aspetta che tu ti avvicini”.