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Santa Marta. Il Papa e il martirio di Giovanni: la vita ha valore nel donarla

Vatican News - Alessandro Di Bussolo venerdì 8 febbraio 2019

Il martirio di Giovanni, “l’uomo più grande nato da donna” secondo Gesù, è una grande testimonianza: la vita ha valore solo nel donarla agli altri “nell’amore, nella verità, nella vita quotidiana, nella famiglia”. Papa Francesco commenta così, nell’omelia della Messa del mattino a Casa Santa Marta, il brano del Vangelo di Marco protagonista della liturgia di oggi, e dedicato al martirio per decapitazione di San Giovanni Battista.

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Quattro personaggi nei quali il Signore ci parla
Un racconto con quattro personaggi, che il Papa invita a guardare “aprendo il cuore” perché il Signore ci parli: il re Erode “corrotto e indeciso”, Erodìade, la moglie del fratello del re, che “sapeva solo odiare”, Salomè, “la ballerina vanitosa”, e “il profeta decapitato solo in cella”. Un racconto che Francesco descrive iniziando dalla fine, con i discepoli di Giovanni che chiedono il corpo del profeta e lo pongono in un sepolcro.

Giovanni ci fa vedere Gesù, poi la sua luce si spegne
“Il più grande finì così - commenta il Pontefice – “Ma Giovanni sapeva questo, sapeva che doveva annientarsi”. Lo aveva detto dall’inizio, parlando di Gesù: “Lui deve crescere, io invece diminuire”. E lui “si è diminuito fino alla morte”. E’ stato, prosegue Papa Francesco, il precursore, l’annunciatore di Gesù, che ha detto “Non sono io, è questo” il Messia. “Lo ha fatto vedere ai primi discepoli - ricorda il Papa - e poi la sua luce si era spenta poco a poco, fino all’oscuro di quella cella, nel carcere, dove, solo, è stato decapitato”.

Il martirio è un servizio, un mistero, un dono
Ma perché è successo questo? Si chiede Francesco. “La vita dei martiri non è facile da raccontare – spiega - Il martirio è un servizio, è un mistero, è un dono della vita molto speciale e molto grande”. E alla fine le cose si concludono violentemente, a causa di “atteggiamenti umani che portano a togliere la vita di un cristiano, di una persona onesta, e a farlo martire”.

Il re corrotto che non riesce a cambiar vita

Quindi il Pontefice analizza gli atteggiamenti dei tre personaggi protagonisti del martirio. Il re, innanzitutto, che “credeva che Giovanni fosse un profeta”, “lo ascoltava volentieri”, a un certo punto “lo proteggeva”, ma lo teneva in carcere. Era indeciso, perché Giovanni gli “rimproverava il suo peccato”, l’adulterio. Nel profeta, spiega Papa Francesco, Erode “sentiva la voce di Dio che gli diceva: ‘Cambia vita’, ma non riusciva a farlo. Il re era corrotto, e dove c’è corruzione, è molto difficile uscire”. Un corrotto che “cercava di fare equilibri diplomatici” fra la propria vita, non solo adultera, ma anche piena “di tante ingiustizie che portava avanti”, e la coscienza della “santità del profeta che aveva avanti”. E non riusciva a sciogliere il nodo.

La donna che aveva lo spirito satanico dell’odio
Poi il Papa descrive Erodìade, la moglie del fratello del re, ucciso da Erode per averla. Il Vangelo dice di lei soltanto che “odiava” Giovanni, perché parlava chiaro. “E noi sappiamo che l’odio è capace di tutto – commenta Francesco - è una forza grande. L’odio è il respiro di satana. Pensiamo che lui non sa amare, non può amare. Il suo ‘amore’ è l’odio. E questa donna aveva lo spirito satanico dell’odio”, che distrugge.

A Salomè il re dice “ti darò tutto” come satana

Infine il terzo personaggio, la figlia di Erodìade, Salomè, brava a ballare, “che piacque tanto ai commensali, al re”. Erode, in quell’entusiasmo, promise alla ragazza “Ti darò tutto”. “Usa le stesse parole - ricorda il Pontefice - che ha usato satana per tentare Gesù. ‘Se tu mi adori ti darò tutto, tutto il regno’”. Ma Erode non lo poteva sapere.

Dietro questi personaggi c’è satana, seminatore di odio nella donna, seminatore di vanità nella ragazza, seminatore di corruzione nel re. E l’”uomo più grande nato da donna” finì solo, in una cella scura del carcere, per il capriccio di una ballerina vanitosa, l’odio di una donna diabolica, e la corruzione di un re indeciso. È un martire, che lasciò che la sua vita venisse meno, meno, meno, per dare il posto al Messia.

La testimonianza di un grande uomo e grande santo
Giovanni muore lì nella cella, nell’anonimato, “come tanti martiri nostri” commenta amaro Papa Francesco. Il Vangelo dice solo che “i discepoli sono andati a prendere il cadavere per dargli sepoltura”. Tutti pensiamo, aggiunge il Papa, che questa “è una grande testimonianza, di un grande uomo, di un grande santo”.

La vita ha valore solo nel donarla, nel donarla nell’amore, nella verità, nel donarla agli altri, nella vita quotidiana, nella famiglia. Sempre donarla. Se qualcuno prende la vita per sé, per custodirla, come il re nella sua corruzione o la signora con l’odio, o la fanciulla, la ragazza, con la propria vanità – un po’ adolescente, incosciente – la vita muore, la vita finisce appassita, non serve.

Aprire il cuore, il Signore ci parla in queste figure

Giovanni, conclude Francesco, donò la sua vita: “Io invece devo diminuire perché Lui sia ascoltato, sia visto, perché Lui si manifesti, il Signore”.

Soltanto vi consiglio di non pensare troppo a questo, ma di ricordare l’immagine, i quattro personaggi: il re corrotto, la signora che soltanto sapeva odiare, la ragazza vanitosa che non ha coscienza di nulla, e il profeta decapitato solo in cella. Guardare quello, e ognuno apra il cuore perché il Signore gli parli su questo.