Lombardia. Il Papa ai preti anziani e malati: i giovani sacerdoti hanno bisogno di voi
Caravaggio: l'arcivescovo di Milano, Delpini, saluta un prete in carrozzina (Itl-Monica Fagioli)
Il crocifisso del Papa. Le sue parole di affetto. Il suo invito ad alimentare la «gioia sacerdotale» alla fonte dell’amore di Dio rivelato dalla «sapienza della croce». E la gratitudine delle diocesi lombarde. Ecco i doni che gli oltre 130 sacerdoti anziani e malati, arrivati giovedì 19 settembre a Caravaggio da tutta la regione, hanno ricevuto nel corso di una giornata memorabile. È il quinto anno che il Santuario di Santa Maria del Fonte, su iniziativa dell’Unitalsi Lombarda e della Conferenza episcopale regionale, ospita l’incontro dei preti anziani e malati con i vescovi lombardi. Ogni anno questa giornata di fraternità sacerdotale, che si conclude con un pranzo conviviale, offre qualcosa di speciale. Questa edizione – che ha visto all’opera un centinaio di volontari Unitalsi – non ha fatto eccezione alla regola.
Il Rosario e la Messa. La giornata si è aperta, come sempre, con la processione dal Centro di spiritualità al Santuario recitando il Rosario. Fra tanti che ancora camminano con le proprie gambe, magari aiutandosi con un bastone, non pochi quelli in sedia a rotelle. Da quell’"altare" al quale li ha costretti l’età e il declinare della salute, concelebreranno, verso mezzogiorno, la Messa presieduta in Santuario dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, con i vescovi lombardi. Si comincia col messaggio di papa Francesco, letto all’assemblea dal vescovo emerito di Mantova Roberto Busti, assistente spirituale dell’Unitalsi Lombarda.
Il messaggio del Papa. «Mentre vi saluto con affetto, desidero esprimere la mia vicinanza spirituale mediante la preghiera affinché il peso degli anni e dell’infermità non affievoliscano il buon profumo dell’unzione che abbiamo ricevuto, ma si accresca la consapevolezza che la sofferenza lo rende più intenso ed efficace – scrive papa Francesco –. Per questo ho pensato di donarvi il crocifisso per guardare le piaghe di Gesù e raggiungere il suo cuore. Non dimenticate questo: guardate il crocifisso, ma guardatelo dentro. E lì impareremo la grande saggezza del mistero di Cristo, la grande sapienza della croce che si rivela l’Amore del Padre».
Alla fonte della gioia. «La gioia sacerdotale – prosegue il messaggio del Pontefice – ha la sua fonte in questo Amore, e il Signore desidera che questa gioia sia in noi e sia piena. A me piace pensare la gioia contemplando la Madonna. Maria, la madre del Vangelo vivente, è sorgente di gioia per i piccoli e credo di poter affermare che il sacerdote è una persona molto piccola. Il sacerdote è il più povero tra gli uomini se Gesù non lo arricchisce con la sua povertà, è il più inutile servo se Gesù non lo chiama amico, il più stolto degli uomini se Gesù non lo istruisce pazientemente come Pietro, il più indifeso dei cristiani se il Buon Pastore non lo fortifica in mezzo al gregge». Quindi l’augurio: «La Vergine Maria, che ha tenuto sempre lo sguardo del cuore fisso al suo Figlio, dalla mangiatoia di Betlemme fino alla croce sul Calvario, vi renda consapevoli che i giovani preti hanno bisogno di voi, della vostra saggezza e della vostra solidarietà spirituale per essere secondo il cuore di Cristo e come li pensa la Chiesa». Infine, una parola di benedizione, e la richiesta: «Per favore, ricordatevi di pregare sempre per me».
L’omelia di Delpini: «Noi, popolo del Magnificat». La nostalgia, il risentimento, il rimorso, la lamentosità, l’insofferenza, l’attaccamento ai ruoli, ai beni, alle persone, la paura del futuro, l’angoscia della morte... Quante tentazioni nella nostra vita, ha riconosciuto l’arcivescovo di Milano: ma sono tentazioni che possiamio vincere «se abbiamo la fede di Maria». E la sua fede «si manifesta nel Magnificat», offerto dalla liturgia di ieri. Ecco, dunque, l’esortazione a vivere come «popolo del Magnificat, popolo della speranza», e l’invito ad accogliere il crocifisso donato dal Papa come «richiamo», come appello a tenere «ogni giorno, ogni ora, lo sguardo rivolto a Gesù».
Milano: sarà all'Ortica la casa d'accoglienza Unitalsi intitolata a Frizzi
Un edificio di tre piani, tutto da ristrutturare, per 250 metri quadrati complessivi. Accanto al Santuario della Madonna delle Grazie all’Ortica. Alla periferia est di Milano. Ecco dove ha trovato casa, nel capoluogo lombardo, il «Progetto dei Piccoli», che anno dopo anno ha visto l’Unitalsi realizzare in diverse città italiane strutture d’accoglienza per i genitori di bambini ricoverati in ospedale lontano dai propri luoghi di residenza. In questa costellazione dell’ospitalità poteva mancare Milano, con la sua rete di ospedali d’eccellenza capaci di attirare degenti da tutta Italia ( e anche da fuori)? No. Ecco, allora, la sfida lanciata dall’Unitalsi Lombarda: aprire, anche sotto la Madonnina, una casa di accoglienza per i familiari di bambini – in particolare malati di tumore – ricoverati a Milano.
Per questo servivano, e servono, due cose: una sede e le risorse per sistemarla. Ebbene: dopo tanto cercare, «grazie a "don Mario", il nostro arcivescovo Delpini, e grazie alla Chiesa milanese, ci è stata indicata una casa, vicino alla Madonna dell’Ortica», ha annunciato Vittore De Carli, presidente di Unitalsi Lombarda, al termine della Messa al Santuario di Caravaggio con i preti anziani e malati della regione. E le risorse? «In un anno – ha reso noto De Carli – abbiamo raccolto 200mila euro, ma ne servono ancora tanti per realizzare questa struttura che potrà accogliere fino a cinque famiglie. Contiamo sulla Provvidenza e sulle vostre preghiere». Fin qui, si è potuto contare anche su alcune donazioni e sui proventi del libro Dal buio alla luce con la forza della preghiera (Libreria editrice vaticana), nel quale De Carli racconta la sua personale esperienza di malattia gravissima – culminata in 47 giorni di coma – e il cammino verso la guarigione.
«L’edificio non solo è servito dalla rete del trasporto pubblico ma sorge accanto a un santuario, e questo è molto importante nell’ottica dell’Unitalsi – spiega Graziella Moschino, vicepresidente regionale –. Ci saranno spazi privati come le camere e i bagni, e spazi di vita condivisa come la cucina e il soggiorno. Ad accogliere le famiglie, ad affiancarle, a promuovere uno stile di comunità, saranno i nostri volontari con i giovani del servizio civile. Contiamo di far partire i lavori a inizio 2020 per completarli in 6-8 mesi. La casa – come già annunciato – sarà intitolata a Fabrizio Frizzi, che dell’Unitalsi è stato amico e testimonial».
Benedetto il pulmino attrezzato per portare (anche) a Lourdes i malati di Sla
«Gli ammalati, soprattutto i più giovani, ce lo hanno detto chiaro e tondo: che bello se potessimo viaggiare anche noi su mezzi attrezzati che non sembrano ambulanze. Ebbene: l’Unitalsi Lombarda ha cercato di accogliere questo desiderio di normalità. E ha realizzato un pulmino che all’interno ha attrezzature d’avanguardia per portare persone allettate, anche malati di Sla o di Sma, ma all’esterno appare con un normale pulmino, con la livrea Unitalsi». A parlare è Alfredo Settimo, responsabile mezzi dell’Unitalsi Lombarda. Terminata la Messa, è lui a presentare all’arcivescovo Delpini il nuovo pulmino attrezzato, parcheggiato nel piazzale del santuario, che attende di essere benedetto. Compito affidato allo stesso presule, mentre al taglio del nastro farà da madrina Gianna Ratti, presidente onorario di Bennet. Il motivo? Se l’Unitalsi ha potuto acquistare e attrezzare questo mezzo, è stato anche grazie alle donazioni dei clienti Bennet che hanno convertito i punti spesa della raccolta 2018-2019 in sostegno al progetto, per un ammontare di 17mila euro. «Il furgone – riprende Settimo – è un Mercedes Sprinter che abbiamo acquistato lo scorso anno e che abbiamo attrezzato con una pedana di sollevamento, l’impianto per l’ossigeno, una barella allargata multilivello a cinque altezze – quella ora nel furgone ci è stata prestata dall’Avps Vimercate – e prese di corrente a 220 volto per la carica e il funzionamento delle apparecchiature elettromedicali necessarie. Con questo mezzo – e un equipaggio di due autisti, un medico e un infermiere – possiamo portare in autonomia i malati fino a Lourdes – come abbiamo già fatto la prima volta ad agosto – e in altri luoghi di culto, piuttosto che andare in gita. Per l’Unitalsi è il primo mezzo attrezzato in questo modo a livello nazionale».