Il discorso. Papa Francesco: «No a proselitismo, la vocazione non è cercare nuovi soci»
Il Papa incontra i Centri per le vocazioni delle Chiese europee (Vatican News)
La vocazione "non è proselitismo". "Non è 'cercare nuovi soci per questo club'. No". Così papa Francesco, nel suo discorso a braccio all'udienza ai partecipanti al Congresso dei Centri nazionali per le Vocazioni delle Chiese di Europa, in corso a Roma dal 4 al 7 giugno, nella Casa San Juan de Avila. Francesco ha sottolineato come "il lavoro per le vocazioni" debba muoversi nella "linea della crescita che Benedetto XVI tanto chiaramente disse: la crescita della Chiesa è per attrazione, non per proselitismo. Così. Lo ha detto anche a noi (vescovi Latinoamericani, ndr) ad Aparecida. Non si tratta di cercare dove prendere la gente... - ha aggiunto Francesco -, come quelle suorine che andavano nelle Filippine negli anni '90, '91, '92. Non avevano case nelle Filippine, ma andavano lì e portavano le ragazze qui. E ricordo che nel Sinodo del '94 è uscito sul giornale: 'La tratta delle novizie'. La Conferenza episcopale filippina ha detto: 'No. Prima di tutto nessuno viene qui a pescare le vocazioni, non va'. E le suore che hanno casa nelle Filippine, facciano la prima parte della formazione nelle Filippine. Così si evita qualche deformazione. Questo ho voluto chiarirlo, perché lo spirito del proselitismo ci fa male".
IL DISCORSO PREPARATO E CONSEGNATO E QUELLO PRONUNCIATO A BRACCIO
"A volte noi parliamo ai giovani come siamo abituati a parlare agli adulti. Per loro, tante volte il nostro linguaggio è 'esperanto', è proprio come se parlassimo esperanto, perché non capiscono nulla". Così papa Francesco ha proseguito a braccio. Per il Pontefice la sfida della Chiesa è "comunicare con i giovani". E non solo: "Lavorare con i giovani esige tanta pazienza, tanta! Tanta capacità di ascolto - ha affermato - perché a volte i giovani si ripetono, si ripetono... Pazienza e capacità di ascolto. E poi ringiovanirsi: cioè mettersi in moto, in movimento con loro. Oggi il lavoro con i giovani, in genere, qualsiasi tipo, si fa in movimento".
Ma occorre "capire il loro linguaggio, che è un linguaggio povero di comunione, perché loro - ha sottolineato il Pontefice - sanno tanto di contatti, ma non comunicano. Comunicare è forse la sfida che noi dovremmo avere con i giovani. La comunicazione, la comunione. Insegnare loro che è bene l'informatica, sì, avere qualche contatto, ma questo non è il linguaggio: questo è un linguaggio 'gassoso'. Il vero linguaggio è comunicare. Comunicare, parlare... E questo è un lavoro di filigrana, di 'merletti' come dicono qui. È un lavoro da fare andando passo a passo. E a noi spetta anche capire cosa significa per un giovane vivere sempre 'in connessione', dove è andata la capacità di raccogliersi in sé stessi: questo è un lavoro per i giovani".
"Non è facile, non è facile, ma non si può andare con preconcetti o con l'imposizione puramente dottrinale, nel senso buono della parola: 'Tu devi fare questo'. No. Bisogna accompagnare, guidare, e aiutare affinché l'incontro con il Signore faccia loro vedere qual è la strada nella vita", ha aggiunto Francesco che ha ricordato: "I giovani sono diversi tra loro, sono diversi in tutti i luoghi, ma sono uguali nell'inquietudine, nella sete di grandezza, nella voglia di fare del bene. Sono uguali tutti. C'è la diversità e l'uguaglianza". In conclusione il Papa ha poi raccontato una barzelletta. "Adesso che vedo questo coraggioso Cappuccino dell'Islanda, finiamo con una barzelletta. Al nord della sua terra, d'inverno fa 40 sotto zero. E c'era un suo fedele che è andato a comprare un frigo, e gli hanno chiesto: 'Ma perché tu vai a comprare il frigo?' - 'Per riscaldare mio figlio!'".