Vaticano. Il Papa ai nuovi vescovi: imparate dal fiuto dei fedeli
Papa Francesco (Ansa)
«Il vescovo non è il "padre padrone" autosufficiente e nemmeno l'impaurito e isolato "pastore solitario"». Papa Francesco ha indicato oggi queste due figure limite come tentazioni nelle quali un vescovo non deve cadere, parlando ai presuli consacrati negli ultimi 12 mesi che hanno partecipato nei giorni scorsi al corso di preparazione promosso congiuntamente dalla Congregazione per i vescovi e quella per le Chiese Orientali. IL TESTO DEL DISCORSO
Il discernimento è un'azione comunitaria
Sulla questione della "solitudine" nella quale i vescovi prendono le decisioni, il Papa ha ricordato che invece «il discernimento del vescovo è sempre un'azione comunitaria, che non prescinde dalla ricchezza del parere dei suoi presbiteri e diaconi, del Popolo di Dio e di tutti coloro che possono offrirgli un contributo utile, anche attraverso gli apporti concreti e non meramente formali». «Quando non si tiene in nessun conto il fratello e ci si considera superiori, si finisce per inorgoglirsi anche contro Dio stesso».
«Nel dialogo sereno - ha detto il Papa - il vescovo non ha paura di condividere, e anche talvolta modificare, il proprio discernimento con gli altri: con i confratelli nell'episcopato, ai quali è sacramentalmente unito, e allora il discernimento si fa collegiale; con i propri sacerdoti, dei quali è garante di quella unità che non si impone con la forza ma si intesse con la pazienza e saggezza di un artigiano; con i fedeli laici, perché essi conservano il "fiuto" della vera infallibilità della fede che risiede nella Chiesa: essi sanno che Dio non viene meno nel suo amore e non smentisce le sue promesse». Come insegna la storia, i grandi Pastori, per difendere la retta fede, hanno saputo dialogare con tale deposito presente nel cuore e nella coscienza dei fedeli e, non di rado, sono stati da loro sostenuti. Senza questo scambio «la fede dei più colti può degenerare in indifferenza e quella dei più umili in superstizione». «Vi invito pertanto - ha continuato Francesco - a coltivare un atteggiamento di ascolto, crescendo nella libertà di rinunciare al proprio punto di vista (quando si mostra parziale e insufficiente), per assumere quello di Dio. Senza lasciarsi condizionare da occhi altrui, impegnatevi per conoscere con i vostri propri occhi i luoghie le persone, la "tradizione" spirituale e culturale della diocesi a voi affidata, per addentrarvi rispettosamente nella memoria della sua testimonianza di Cristo e per leggere il suo presente concreto alla luce del Vangelo, al di fuori del quale non c'è alcun futuro per la Chiesa».
Umiltà e obbedienza
«La missione che vi attende - ha chiarito il Papa - non è portare idee e progetti propri, né soluzioni astrattamente ideate da chi considera la Chiesa un orto di casa sua, ma umilmente, senza protagonismi o narcisismi, offrire la vostra concreta testimonianza di unione con Dio, servendo il Vangelo che va coltivato e aiutato a crescere in quella situazione specifica. Discernere significa pertanto umiltà e obbedienza. Umiltà rispetto ai propri progetti. Obbedienza rispetto al Vangelo, criterio ultimo; al Magistero, che lo custodisce; alle norme della Chiesa universale, che lo servono; e alla situazione concreta delle persone, per le quali non si vuole altro che trarre dal tesoro della Chiesa quanto è più fecondo per l'oggi della loro salvezza».
Non c'è una sola risposta per tutti i casi
Per Francesco «il discernimento è un rimedio all'immobilismo del "si è sempre fatto così" o del "prendiamo tempo". È un processo creativo - ha spiegato - che non si limita ad applicare schemi. È un antidoto contro la rigidità, perché le medesime soluzioni non sono valide ovunque. È sempre l'oggi perenne del Risorto che impone di non rassegnarsi alla ripetizione del passato e di avere il coraggio di domandarsi se le proposte di ieri sono ancora evangelicamente valide». «Non lasciatevi imprigionare - ha chiesto ai vescovi - dalla nostalgia di poter avere una sola risposta da applicare in tutti i casi. Ciò forse calmerebbe la nostra ansia di prestazione, ma lascerebbe relegate ai margini e "inaridite" vite che hanno bisogno di essere innaffiate dalla grazia che custodiamo».