Udienza. Il Papa agli studenti: «Nella vita bisogna saper rischiare»
Papa Bergoglio ancora una volta sprona i giovani ad “andare avanti” con “passione” e “speranza” per raggiungere “mete importanti”, “rischiando” e “pregando”, camminando mai da soli ma sempre insieme agli amici, agli educatori, alla famiglia e specialmente in dialogo con i nonni. Lo fa rispondendo alle domande di Sofia, Aldo e Giovanni, tre ragazzi del "Collegio Barbarigo" di Padova, durante l’udienza di questa mattina in Aula Paolo VI agli studenti, famiglie e operatori dell’Istituto fondato proprio cento anni fa dal vescovo patavino Luigi Pellizzo.
Il pontefice viene accolto dalle calde parole di saluto che gli rivolge il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla. E risponde a braccio alle domande dei giovani. "Bisogna saper rischiare nella vita. – afferma - È la bellezza della vita. La giovinezza non è passività ma sforzo tenace per raggiungere mete importanti, anche se costa. I giovani da divano sono quelli che sono passivi, seduti, che guardano come passa la storia".
"È brutto guardare un giovane in pensione. E ce ne sono. Questa è la fine della giovinezza: invecchiare a 22, 23, o 24 anni - ribadisce il Papa -. La giovinezza non è passività ma sforzo tenace per raggiungere mete importanti, anche se costa". "Nella vita niente è gratis - sono le parole di Francesco -. Per andare avanti ci vuole lo sforzo di ogni giorno. Tante volte dobbiamo chiudere gli occhi davanti alle difficoltà e rifiutare i compromessi che ti porteranno nella mediocrità. Mettete questa parola bene nel cuore. Un giovane passivo è un giovane che finirà nel fallimento, uno mediocre è uno che finirà nell’essere tiepido. Né caldo, né freddo, tiepido, senza gusto, senza aver lottato".
"La vita dei giovani senza passione è come la pasta in bianco senza sale", insiste il Pontefice. "È brutto incontrare giovani appassiti, quelli che mettono la loro gioia nelle cose superficiali e non vanno in profondità alle grandi domande”, sottolinea. Infatti “la vita si gioca con passione". Come una squadra di calcio i cui "giocatori giocano con passione perché vogliono vincere". "I giovani - rimarca - devono essere inquieti, non da divano. Sempre in cammino, cercando di più la memoria delle radici ma guardando l’orizzonte. E appassionati".
Papa Francesco ricorda che la “vita è un continuo dialogo”, che necessita di un confronto con la famiglia, gli amici, gli educatori. E un ruolo speciale lo devono avere i nonni, che non sono “noiosi” e possono aiutare i giovani a non essere “liquidi”. “Voi dovete parlare con i nonni. – esorta - È importante! Perché? Perché i nonni sono le radici. Se tu non vai alle tue radici, sarai un giovane o una giovane sradicato. E quando non ci sono le radici, non c’è la crescita, non ci sono i fiori, non c’è il frutto”.
Il Pontefice invita i giovani ad affidarsi al proprio “entusiasmo giovanile”, alla capacità di “guardare con gioia al futuro”, sapendo “rischiare nella vita”. Perché “nella giovinezza si impara che nella vita niente è gratis”. Soltanto “è gratuito l’amore di Dio, la grazia di Dio”. Quello “è gratuito, perché Lui ci amerà sempre”. Ma “per andare avanti” ci vuole “lo sforzo di ogni giorno”.
Quindi l'invito del vescovo di Roma a non scegliere una professione “per riempire le tasche di soldi ma per servire meglio gli altri”. “Il vostro lavoro nel futuro deve essere un servizio alla società, dovete essere di esempio”, esorta il Papa. E racconta della sua esperienza lavorativa a 13 anni, in una fabbrica di un amico del padre, per pulire le officine: "Ho cominciato a lavorare durante le vacanze, E questo mi ha fatto tanto bene". "Le vacanze erano di tre mesi - spiega - e io feci due mesi e mezzo di lavoro. Il lavoro concreto a me ha fatto bene, mi ha aperto gli occhi".
Papa Francesco infine osserva che "stiamo vivendo una cultura della morte, una cultura del silenzio complice, una cultura dell’indifferenza e dello scarto". Di qui l’invito ad "assumere i problemi della vita reale”. Con l’indicazione di un “ compito a casa”: "Cercate nelle statistiche quanti bambini muoiono all’anno nelle zone di guerra per la fame o per la sete". Un invito alla concretezza quindi, che, ricorda il Pontefice, si può acquisire con le tre dimensioni dell’educazione: “il linguaggio della testa”, cioè il “pensare”, “il linguaggio del cuore”, cioè il “sentire” e “il linguaggio delle mani”, cioè il “fare”. "Educare - sintetizza il Pontefice - è far crescere queste tre dimensioni della vita, ma in armonia”.