Il viaggio in Perù. Papa: basta femminicidi. Troppi abusi nel silenzio
Rosio ha negli occhi il colore della notte e i capelli lisci come gli strapiombi delle Ande. Fa un cenno con la mano, si asciuga in silenzio le lacrime. A Madre de Dios è venuta insieme a molte altre. «Fa male constatare come in questa terra tante donne sono così svalutate, disprezzate ed esposte a violenze senza fine».
Il Papa missionario gesuita conosce cosa significa qui oggi la condizione delle donne. Nella tappa peruviana del suo viaggio, lo sguardo di papa Francesco si è rivolto con particolare attenzione al volto femminile dell’America Latina. Un volto “meticcio” – come quello del suo emblema, Maria di Guadalupe – ma sempre più sfregiato dalla lama della violenza. Passata e, soprattutto, presente. «La violenza contro adolescenti e donne è un grido che arriva al cielo», ha affermato durante l’incontro di venerdì con i popoli amazzonici. Per aggiungere poi alla successiva riunione a Puerto Maldonado: «Non è lecito naturalizzare la violenza sulle donne, sostenendo una cultura maschilista che rifiuta il protagonismo della donna all’interno della comunità. Non è lecito guardare dall’altra parte mentre tante donne, in particolare le adolescenti, sono calpestate nella loro dignità».
Sabato scorso, a Trujillo, di fronte all’immagine della Vergine della Porta, Bergoglio ha detto con estrema forza: «Guardando alle madri e alle nonne, voglio invitarvi a lottare contro una piaga che colpisce il nostro continente americano: i numerosi casi di femminicidio. E sono molte anche le situazioni di violenza che restano silenziate dentro tante pareti. Vi invito a lottare contro questa fonte di sofferenza chiedendo che si promuova una legislazione e una cultura di ripudio a qualunque forma di violenza». Francesco ha impiegato per la prima volta qui il termine “femminicidio”, una particolare forma di omicidio perché – al di là delle motivazioni occasionali – colpisce le donne per il loro essere tali. Francesco non è però nuovo a denunciare il dramma degli assassinii e degli abusi contro le donne. Lo aveva fatto, con straordinaria efficacia, sul volo di ritorno da Cracovia, nel 2015, quando aveva affermato: «Tutti i giorni quando tutti i giorni quando sfoglio i giornali vedo, ad esempio qui in Italia, omicidi, di mogli e di suocere. E questi sono fatti da cattolici». Il paradosso che tanti battezzati legittimino forme di sfruttamento, crudeltà e discriminazione verso le donne – create da Dio con pari e inalienabile dignità - è un tasto particolarmente dolente per Francesco.
L’America Latina – il Continente cristiano per antonomasia – ha alcuni fra i tassi più alti di violenza nei confronti del genere femminile. Ogni anno, in media, 60mila adolescenti e adulte sono massacrate da uomini: il record mondiale. Tre latinoamericane su dieci, inoltre, soffrono soprusi fisici o psicologici. Nel Perù, toccato da Bergoglio, ogni giorno undici ragazze vengono violentate. Un dramma che interpella profondamente la responsabilità dei credenti. Perché «il Signore vuole le donne libere e in piena dignità», ha ricordato Francesco in un messaggio Twitter del 25 novembre di due anni fa. Data in cui si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Scelta non casuale: il 25 novembre 1960 furono trucidate nella Repubblica Dominicana Patria, Minerva e María Teresa Mirabal, tre sorelle simbolo, impegnate nella lotta non violenta contro la dittatura di Leonidas Trujillo. Despota, quest’ultimo, che alla lunga serie di barbarie aggiungeva un accanimento particolare contro il genere femminile. Trujillo – come raccontato nel romanzo del Nobel peruviano Mario Vargas Llosa, La festa del caprone - era solito stuprare le adolescenti, figlie spesso dei suoi stessi collaboratori che erano costretti ad acconsentire sotto la minaccia di torture o sterminio della famiglia. Proprio il rifiuto ad acconsentire al ricatto determinò la persecuzione delle sorelle Mirabal. Ma non è oggi Francesco che chiama al riscatto le donne, è il Vangelo.