Il 2024 è un anno che «vorremmo di pace» ma che «invece si apre all’insegna di conflitti e divisioni». È con questa amara constatazione che
Papa Francesco questa mattina ha iniziato il discorso per la tradizionale udienza ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Una riflessione di ampio respiro dedicata alla «pace», nei suoi molteplici aspetti, in un momento storico in cui essa «è sempre più minacciata, indebolita e in parte perduta«. Con il mondo che «è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente trasformano quella che ho più volte definito ‘terza guerra mondiale a pezzi’ in un vero e proprio conflitto globale». Il Pontefice manifesta la sua «preoccupazione per quanto sta avvenendo in
Israele e Palestina». «Tutti siamo rimasti scioccati – afferma - dall’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro la popolazione in Israele, dove sono stati feriti, torturati e uccisi in maniera atroce tanti innocenti e molti sono stati presi in ostaggi». E ripete la sua «condanna per tale azione e per ogni forma di terrorismo ed estremismo: in questo modo non si risolvono le questioni tra i popoli, anzi esse diventano più difficili, causando sofferenza per tutti». Infatti «ciò ha provocato una forte risposta militare israeliana a Gaza che ha portato la morte di decine di migliaia di palestinesi, in maggioranza civili, tra cui tanti bambini, ragazzi e giovani, e ha causato una situazione umanitaria gravissima con sofferenze inimmaginabili». Francesco ribadisco il suo appello «a tutte le parti coinvolte per un cessate-il-fuoco su tutti i fronti, incluso il Libano, e per l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi a Gaza». E chiede «che la popolazione palestinese riceva gli aiuti umanitari e che gli ospedali, le scuole e i luoghi di culto abbiano tutta la protezione necessaria». Il Papa ribadisce inoltre la posizione classica della Santa Sede a favore della soluzione di “due Stati”, uno israeliano e uno palestinese, come pure di uno «statuto speciale internazionalmente garantito per la Città di Gerusalemme», affinché «israeliani e palestinesi possano finalmente vivere in pace e sicurezza». Francesco inoltre osserva che il conflitto in corso a Gaza «destabilizza ulteriormente una regione fragile e carica di tensioni». E cita le situazioni di crisi in cui si trovano Siria (il Papa chiede la fine delle sanzioni internazionali) e Libano. Rimanendo nel continente asiatico, Francesco torna a richiamare «l’attenzione della Comunità internazionale pure sul Myanmar», e in particolare a non dimenticare «l’emergenza umanitaria che ancora colpisce i Rohingya». Passando all’
Europa Francesco osserva con amarezza che dopo quasi due anni «di guerra su larga scala della
Federazione Russa contro l’Ucraina, la tanto desiderata pace non è ancora riuscita a trovare posto nelle menti e nei cuori, nonostante le numerosissime vittime e l’enorme distruzione». Per il Papa «non si può lasciare protrarre un conflitto che va incancrenendosi sempre di più, a detrimento di milioni di persone», ma «occorre che si ponga fine alla tragedia in atto attraverso il negoziato, nel rispetto del diritto internazionale». Il Pontefice manifesta anche «preoccupazione» anche per «la tesa situazione nel Caucaso Meridionale tra l’Armenia e l’Azerbaigian», esortando «le parti ad arrivare alla firma di un Trattato di pace». Volgendo lo sguardo all’
Africa, il Papa ricorda le crisi umanitarie in cui versano vari Paesi sub-sahariani, invoca la pace e la stabilità tra i Paesi del Corno d’Africa, evoca i drammatici eventi in Sudan, nonché le situazioni degli sfollati in Camerun, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan. Passando alle Americhe Francesco cita le «forti tensioni» tra Venezuela e Guyana, la forte polarizzazione interna nel Perù e manifesta «preoccupazione la situazione in Nicaragua: una crisi che si protrae nel tempo con dolorose conseguenze per tutta la società nicaraguense, in particolare per la Chiesa Cattolica». Dopo questa panoramica internazionale il Papa denuncia «le violazioni gravi del diritto internazionale umanitario» nelle guerre in corso, violazioni che «sono crimini di guerra». Occorre dunque «un maggiore impegno della Comunità internazionale per la salvaguardia e l’implementazione del diritto umanitario, che sembra essere l’unica via per la tutela della dignità umana in situazioni di scontro bellico». Anche quando si tratta di esercitare il diritto alla legittima difesa, osserva poi il Pontefice, «è indispensabile attenersi ad un uso proporzionato della forza». Francesco ribadisce che proprio per evitare «l
’inutile strage» che è ogni guerra, «occorre perseguire una politica di disarmo, poiché è illusorio pensare che gli armamenti abbiano un valore deterrente». E reitera «la proposta di costituire un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e promuovere uno sviluppo sostenibile dell’intero pianeta». In particolare ribadisce ancora una volta «l’immoralità di fabbricare e detenere armi nucleari». Per perseguire la pace, ricorda però il Papa, non è sufficiente limitarsi a rimuovere gli strumenti bellici, ma occorre «estirpare alla radice le cause delle guerre». E cioè la fame, lo sfruttamento delle risorse naturali, e quelle delle persone «costrette a lavorare sottopagate e senza reali prospettive di crescita professionale». E poi le
catastrofi naturali e ambientali. Imputabili anche all’azione o all’incuria dell’uomo e che contribuiscono gravemente alla crisi climatica in atto, come ad esempio la deforestazione dell’Amazzonia, che è il «polmone verde» della Terra. Francesco cita la
COP28 tenutasi a Dubai il mese scorso, con l’auspicio che quanto lì stabilito a Dubai porti «una decisa accelerazione della transizione ecologica, attraverso forme che […] trovino realizzazione in quattro campi: l’efficienza energetica; le fonti rinnovabili; l’eliminazione dei combustibili fossili; l’educazione a stili di vita meno dipendenti da questi ultimi». Agganciato al tema ecologico c’è il fenomeno delle
migrazioni. A tale proposito il Papa ricorda che il
Mediterraneo «è diventato nell’ultimo decennio un grande cimitero, con tragedie che continuano a susseguirsi, anche a causa di trafficanti di esseri umani senza scrupoli». Davanti «a questa immane tragedia finiamo facilmente per chiudere il nostro cuore, trincerandoci dietro la paura di una invasione». Francesco ammette che la migrazione «debba essere regolamentata per accogliere, promuovere, accompagnare e integrare i migranti, nel rispetto della cultura, della sensibilità e della sicurezza delle popolazioni che si fanno carico dell’accoglienza e dell’integrazione». D’altra parte «occorre pure richiamare il diritto di poter rimanere nella propria Patria e la conseguente necessità di creare le condizioni affinché esso possa effettivamente esercitarsi». Dinanzi a questa sfida «nessun Paese può essere lasciato solo, né alcuno può pensare di affrontare isolatamente la questione attraverso legislazioni più restrittive e repressive, approvate talvolta sotto la pressione della paura o per accrescere il consenso elettorale». Il Papa accoglie perciò «con soddisfazione l’impegno dell’Unione Europea a ricercare una soluzione comune mediante l’adozione del nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, pur rilevandone alcuni limiti, specialmente per ciò che concerne il riconoscimento del diritto d’asilo e per il pericolo di detenzioni arbitrarie». Papa Francesco ribadisce poi che la via della pace «esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio». Al riguardo ritiene «deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio». Di qui l’auspicio di un impegno della Comunità internazionale «per proibire a livello universale tale pratica«. Francesco osserva «con rammarico, specialmente in Occidente, il persistente diffondersi di una cultura della morte, che, in nome di una finta pietà, scarta bambini, anziani e malati». E riguardo ai cosiddetti nuovi diritti, nota che non sono «sempre accettabili», e «hanno dato adito a colonizzazioni ideologiche, tra le quali ha un ruolo centrale la teoria del gender, che è pericolosissima perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali». In questo quadro il Papa nota «l’indebolimento di quelle strutture di diplomazia multilaterale che hanno visto la luce dopo il secondo conflitto mondiale». Con «il rischio di una “monadologia” e della frammentazione in “club” che lasciano entrare solo Stati ritenuti ideologicamente affini». Il 2024 vedrà la convocazione di elezioni in molti Stati. Di qui la sottolineatura dell’importanza «che i cittadini, specialmente le giovani generazioni che saranno chiamate alle urne per la prima volta, avvertano come loro precipua responsabilità quella di contribuire all’edificazione del bene comune, attraverso una partecipazione libera e consapevole alle votazioni». Per Francesco la via della pace passa pure attraverso il
dialogo interreligioso, che innanzitutto richiede la tutela della libertà religiosa e il rispetto delle minoranze. «Preoccupa particolarmente l’aumento degli atti di antisemitismo verificatisi negli ultimi mesi» afferma il Papa, che denuncia «la crescita della persecuzione e della discriminazione nei confronti dei cristiani, soprattutto negli ultimi dieci anni». Nel discorso del Papa non manca un cenno alla
sfida educativa, con particolare riguardo un uso etico delle nuove tecnologie, che «possono facilmente diventare strumenti di divisione o di diffusione di menzogna, le cosiddette fake news», ma sono anche «mezzo di incontro, di scambi reciproci e un importante veicolo di pace». Riguardo all’
intelligenza artificiale, «è indispensabile che lo sviluppo tecnologico avvenga in modo etico e responsabile, preservando la centralità della persona umana, il cui apporto non può né potrà mai essere rimpiazzato da un algoritmo o da una macchina». In tale prospettiva acquisiscono particolare rilevanza le due C
onferenze Diplomatiche dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale, che avranno luogo nel 2024 e alle quali la Santa Sede parteciperà come Stato membro. Per la Santa Sede, ribadisce il Papa «la proprietà intellettuale è essenzialmente orientata alla promozione del bene comune e non può svincolarsi da limitazioni di natura etica dando luogo a situazioni di ingiustizia e indebito sfruttamento». Speciale attenzione va poi prestata «alla tutela del patrimonio genetico umano, impedendo che si realizzino pratiche contrarie alla dignità dell’uomo, quali la brevettabilità del materiale biologico umano e la clonazione di esseri umani». Francesco infine ricorda in quest’anno la Chiesa si prepara al
Giubileo che inizierà il prossimo Natale, con un ringraziamento particolare alle Autorità italiane, nazionali e locali, «per l’impegno che stanno profondendo nel preparare la città di Roma ad accogliere numerosi pellegrini e consentire loro di trarre frutti spirituali dal cammino giubilare». Il Giubileo, ricorda infine il Pontefice, «è un tempo di grazia in cui sperimentare la misericordia di Dio e il dono della sua pace«. È un tempo «di giustizia in cui i peccati sono rimessi, la riconciliazione supera l’ingiustizia, e la terra si riposa». Così «esso può essere per tutti – cristiani e non – il tempo in cui spezzare le spade e farne aratri; il tempo in cui una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, né si imparerà più l’arte della guerra».