Il Messaggio. Il Papa: una Quaresima di carità, dono che dà senso alla vita
Papa Francesco riceve le Ceneri nella Basilica di Santa Sabina a Roma, il 26 febbraio del 2020
Vivere la Quaresima “come percorso di conversione, preghiera e condivisione dei nostri beni” in modo di “rivisitare, nella nostra memoria comunitaria e personale, la fede che viene da Cristo vivo, la speranza animata dal soffio dello Spirito e l’amore la cui fonte inesauribile è il cuore misericordioso del Padre”. E’ questo l’appello lanciato da Papa Francesco nel tradizionale Messaggio per la Quaresima che quest’anno ha come tema: “’Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…’ (Mt 20,18). Quaresima: tempo per rinnovare fede, speranza e carità”.
Nel testo, diffuso oggi, il Pontefice ricorda che la Quaresima è “un tempo di conversione” e che il digiuno, la preghiera e l’elemosina, così “come vengono presentati da Gesù nella sua predicazione”, sono “le condizioni e l’espressione della nostra conversione”. Infatti “la via della povertà e della privazione (il digiuno), lo sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (la preghiera) ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza viva e una carità operosa”.
La fede, ricorda Francesco, “ci chiama ad accogliere la Verità e a diventarne testimoni, davanti a Dio e davanti a tutti i nostri fratelli e sorelle”. E in questo tempo di Quaresima, accogliere e vivere la Verità manifestatasi in Cristo “significa prima di tutto lasciarci raggiungere dalla Parola di Dio, che ci viene trasmessa, di generazione in generazione, dalla Chiesa”. Una Verità che “non è una costruzione dell’intelletto, riservata a poche menti elette, superiori o distinte”, ma è “un messaggio che riceviamo e possiamo comprendere grazie all’intelligenza del cuore, aperto alla grandezza di Dio che ci ama prima che noi stessi ne prendiamo coscienza”. Una Verità che “è Cristo stesso, che assumendo fino in fondo la nostra umanità si è fatto Via – esigente ma aperta a tutti – che conduce alla pienezza della Vita”.
La Quaresima quindi “è un tempo per credere”, ovvero “per ricevere Dio nella nostra vita e consentirgli di ‘prendere dimora’ presso di noi”. E digiunare vuol dire “liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma ‘pieno di grazia e di verità’ (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore”.
Nel Messaggio Papa Francesco evoca la speranza “come ‘acqua viva’ che ci consente di continuare il nostro cammino”, perché sperare “con” Gesù e “grazie a” Gesù “vuol dire credere che la storia non si chiude sui nostri errori, sulle nostre violenze e ingiustizie e sul peccato che crocifigge l’Amore”. Certo, osserva il Papa, “nell’attuale contesto di preoccupazione in cui viviamo e in cui tutto sembra fragile e incerto, parlare di speranza potrebbe sembrare una provocazione”. Ma il tempo di Quaresima “è fatto per sperare, per tornare a rivolgere lo sguardo alla pazienza di Dio, che continua a prendersi cura della sua Creazione, mentre noi l’abbiamo spesso maltrattata”.
La Quaresima è tempo di speranza nella riconciliazione, perché “ricevendo il perdono, nel Sacramento che è al cuore del nostro processo di conversione, diventiamo a nostra volta diffusori del perdono: avendolo noi stessi ricevuto, possiamo offrirlo attraverso la capacità di vivere un dialogo premuroso e adottando un comportamento che conforta chi è ferito”. Di qui l’invito, ripreso dall’enciclica “Fratelli tutti”, ad essere più attenti in Quaresima a “dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano”. Perché a volte, per dare speranza, basta essere “una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza”.
Infine la Quaresima è tempo di carità, che “vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione verso ciascuno”, rimane “la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza”. Una carità che “si rallegra nel veder crescere l’altro”. E che quindi “soffre quando l’altro si trova nell’angoscia: solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno…”. Una carità che oggi “vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa della pandemia di Covid-19”.
Anche in questa parte finale del Messaggio Francesco attinge dall’enciclica Fratelli Tutti. Per ricordare che “a partire dall’amore sociale è possibile progredire verso una civiltà dell’amore alla quale tutti possiamo sentirci chiamati”. E per ribadire che “solo con uno sguardo il cui orizzonte sia trasformato dalla carità, che lo porta a cogliere la dignità dell’altro, i poveri sono riconosciuti e apprezzati nella loro immensa dignità, rispettati nel loro stile proprio e nella loro cultura, e pertanto veramente integrati nella società”.
La carità insomma “è dono che dà senso alla nostra vita e grazie al quale consideriamo chi versa nella privazione quale membro della nostra stessa famiglia, amico, fratello”. Infatti “il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità. Così avvenne “per i pani che Gesù benedice, spezza e dà ai discepoli da distribuire alla folla”. Così avviene “per la nostra elemosina, piccola o grande che sia, offerta con gioia e semplicità”.