A Malta. Il Papa vuole andare a Kiev. «Il Mediterraneo non sia cimitero d'Europa»
Il Papa saluta i fedeli giunti al santuario mariano di "Ta' Pinu" a Gozo
Un viaggio a Kiev "è sul tavolo". Papa Francesco lo confida durante il volo che lo porta a Malta, nel “cuore del Mediterraneo”, per il suo 36° viaggio apostolico. Lo fa salutando i giornalisti. E poi, parlando alle autorità nel suo primo discorso nell’isola torna a denunciare “le tenebre della guerra” che stanno avvolgendo l’Ucraina. Con il rischio di una “guerra fredda allargata” e “minacce atomiche” che sembravano “ricordi oscuri di un passato lontano”.
Il Pontefice non fa nomi. Non parla di Russia. Non cita Vladimir Putin. Ma le sue parole sono chiare. Denuncia “invasioni di altri Paesi”. Punta il dito su “qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionali” che “provoca o fomenta conflitti”. Respinge le “visioni ideologiche” e i “populismi” che “si nutrono di parole d’odio”. Cita il “sussulto profetico in nome della fraternità universale” di Giorgio La Pira.
Usa le sue parole per denunciare “l’infantilismo” che oggi “riemerge prepotentemente nelle seduzioni dell’autocrazia, nei nuovi imperialismi, nell’aggressività diffusa, nell’incapacità di gettare ponti e di partire dai più poveri”. Invita a ragionare “con la logica della pace e non con la logica della guerra”. Rimarca che “il vento gelido della guerra” in corso “è stato alimentato negli anni”, infatti il conflitto è stato preparato “da tempo con grandi investimenti e commerci di armi”. Non dimentica di ricordare il Libano, la Siria, lo Yemen: “altri contesti dilaniati da problemi e violenza”.
Alle autorità: «Il Mediterraneo non diventi cimitero d'Europa»
L’accoglienza per “Papa Frangisku” è calda. Tanti maltesi sono scesi in strada per salutare Pietro che viene nell’isola di Paolo. Fu qui infatti che nell’anno 60 l’Apostolo naufragò durante il viaggio in mare che lo stava portando a Roma per essere processato. E venne accolto molto bene. “Ci trattarono con rara umanità”, sono le parole di Paolo riportate dagli Atti degli apostoli. Una frase che fa da motto del viaggio.
Nel discorso alle autorità il Papa tocca il tema dei profughi. Ringrazia la popolazione per l’accoglienza che caratterizza l’isola. Ricorda che i tanti che fuggono dal “sud povero” non si possono “respingere con anacronistiche chiusure”. Invita a non vedere il migrante come “una minaccia” e a non cedere alla tentazione “di innalzare ponti e di erigere muri”.
Allo stesso tempo però ribadisce che “non possono alcuni Paesi sobbarcarsi l’intero problema nell’indifferenza di altri!”. Il Mediterraneo, sottolinea, “ha bisogno di corresponsabilità europea, per diventare nuovamente teatro di solidarietà e non essere l’avamposto di un tragico naufragio di civiltà”. “Il Mare Nostrum – aggiunge a braccio – non deve diventare il più grande cimitero d’Europa”. E poi un monito ai “Paesi civili”: non possono “sancire per proprio interesse torbidi accordi con malviventi che schiavizzano le persone”. “Purtroppo questo succede”, aggiunge di nuovo a braccio, con un sospiro.
Nello storico palazzo del Gran Maestro a La Valletta, papa Francesco incontra il presidente George Vella e il premier Robert Abela, entrambi laburisti, con le rispettive famiglie. A Malta si respira ancora aria elettorale. Sabato scorso infatti ci sono state le elezioni parlamentari che hanno visto la conferma, con largo margine, del partito laburista su quello nazionalista, affiliato al Partito Popolare, a cui appartiene la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola.
Parlando al mondo politico maltese Francesco esorta impegnarsi “a rimuovere l’illegalità e la corruzione”, a “coltivare la legalità e la trasparenza” in modo da “sradicare malvivenza e criminalità”, a custodire il creato “dall’avidità vorace, dall’ingordigia del denaro e dalla speculazione edilizia”.
Rivolgendosi alla società il Papa valuta positivamente lo sviluppo degli ultimi decenni ma rimarca che “progredire non significa tagliare le radici con il passato in nome di una falsa prosperità dettata dal profitto, dai bisogni indotti dal consumismo, oltre che al diritto di avere qualsiasi diritto”. Invita a non lasciarsi assorbire “da omologazioni artificiali e da colonizzazioni ideologiche” soprattutto nel campo della difesa della vita. Incoraggia quindi “a continuare a difendere la vita dall’inizio fino al suo termine naturale, ma anche a custodirla in ogni momento dallo scarto e dalla trascuratezza”.
Al termine del discorso Francesco, il presidente Vella e il premier Abela con le consorti, i cardinali del seguito papale Pietro Parolin (Segretario di Stato) e Mario Grech (maltese, segretario generale del Sinodo), l’arcivescovo di Malta Charles J. Scicluna e il vescovo di Gozo Anthony Teuma si affacciano dal balcone del Palazzo del Gran Maestro per salutare la folla festante che grida "Viva il Papa!". Quindi il Pontefice si trasferisce in nunziatura, per pranzare in privato.
Al santuario di Gozo: «La gioia della Chiesa è evangelizzare»
Nel pomeriggio il secondo appuntamento della giornata, l’incontro di preghiera al Santuario mariano di “Ta’ Pinu” di Gozo. Ad attenderlo ci sono tremila fedeli, più o meno un decimo degli abitanti dell’isola minore dell’arcipelago. Il Papa arriva in catamarano. Sbarcato, lungo il percorso che lo porta al Santuario sono in tantissimi a salutarlo. Anche qui, come nell’isola di Malta, è tutto un tripudio di bandiere biancorosse maltesi e biancogialle del Vaticano. Le campane delle tante chiese di Gozo suonano al suo passaggio.
“Ta’ Pinu”, dal nome di Pino Gauci che ingrandì una piccola chiesetta per farla diventare il grande santuario di oggi, è il cuore mariano dell’arcipelago. Meta continua di pellegrinaggi. Francesco, cammina deposita una rosa davanti al quadro della Vergine. Sta seduto, il ginocchio è sempre dolorante, il suo incedere, si vede in tutta la giornata, è incerto. Ma non si risparmia.
C’è il saluto del vescovo Teuma, quattro testimonianze e la lettura del Vangelo. Quindi parla il Papa. Rievoca, nel giorno anniversario della sua morte, la visita di Giovanni Paolo II nel 1990. Invita a “riscoprire l’essenziale della fede”, che vuol dire “recuperare lo spirito della prima comunità cristiana”, e cioè “la relazione con Gesù e l’annuncio del suo Vangelo al mondo intero”. Ricorda che “la principale preoccupazione dei discepoli di Gesù non era il prestigio della comunità e dei suoi ministri, l’influenza sociale, la ricercatezza del culto”. No, “l’inquietudine che li muoveva era l’annuncio e la testimonianza del Vangelo di Cristo”.
Malta ha una fortissima tradizione cattolica, ma ci sono cenni di cedimento. E Francesco avverte: a volte “l’impalcatura può essere religiosa, ma dietro a quel vestito la fede invecchia”. Occorre quindi “vigilare perché le pratiche religiose non si riducano alla ripetizione di un repertorio del passato, ma esprimano una fede viva, aperta, che diffonda la gioia del Vangelo”. Perché “la gioia della Chiesa è evangelizzare!”. Il Papa lo ripete per ben sette volte.
Il Papa auspica per Malta una Chiesa “a cui stanno a cuore l’amicizia con Gesù” e “non la ricerca di spazi e attenzioni”. Chiede di fare “sinodo”, cioè “camminare insieme”. E di “sviluppare l’arte dell’accoglienza”, perché “il culto di Dio passa per la vicinanza al fratello”.
Alla fine della liturgia il Papa lascia Gozo e rientra a Malta, ritirandosi in nunziatura.
Il saluto del Papa alle famiglie ucraine prima del viaggio a Malta
Francesco, prima di lasciare Santa Marta per l'isola, ha incontrato alcuni rifugiati ospitati dalla Comunità di Sant’Egidio e accompagnati dal cardinale Krajewski - Vatican Media
Questa mattina, prima di lasciare Casa Santa Marta, Papa Francesco ha incontrato alcune famiglie di rifugiati dall’Ucraina ospitate dalla Comunità di Sant’Egidio, insieme all’Elemosiniere di Sua Santità.
Tra loro: una mamma di 37 anni con due bambine, di 5 e 7 anni, arrivati in Italia da Leopoli circa 20 giorni fa. La bambina piccola ha subito un intervento cardiologico ed è sotto controllo medico a Roma. Due mamme, cognate, con i 4 figli, di età tra i 10 e i 17 anni: ospitati in un appartamento offerto da una signora italiana, vengono da Ternopil e sono arrivati a Roma anche loro poco più di 20 giorni fa.
I minori delle due famiglie frequentano la scuola a Roma. La terza famiglia è arrivata a Roma da tre giorni, passando per la Polonia. Sono 6 persone, vengono da Kiev: madre e padre, con tre figli, di 16, 10 e 8 anni, e la nonna di 75 anni. Anche loro vivono in una casa offerta da un'italiana per l'accoglienza ai profughi.