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Il viaggio. Il Papa in Lussemburgo: la ricchezza è responsabilità. Basta inutili stragi

Gianni Cardinale, inviato in Lussemburgo giovedì 26 settembre 2024

Il Papa all'arrivo in Lussemburgo

Il Lussemburgo è uno dei Paesi con il più alto Pil pro capite del mondo. Ed è un importante centro finanziario. È un Paese ricco insomma. Proprio qui Papa Francesco ricorda, a tutti, che la ricchezza «è una responsabilità». Con la richiesta che «sia sempre vigile l’attenzione a non trascurare le Nazioni più svantaggiate». Di più. Con l’esortazione affinché «siano aiutate a risollevarsi dalle loro condizioni di impoverimento». Questa oltretutto è «una via maestra per fare in modo che diminuisca il numero di quanti sono costretti ad emigrare, spesso in condizioni disumane e pericolose». Di qui l’auspicio che il Lussemburgo, con poco meno della metà degli abitanti provenienti da altri parti dell’Europa e del mondo, davvero «sia di aiuto e di esempio nell’indicare il cammino da intraprendere per accogliere e integrare migranti e rifugiati».

È questo il primo messaggio che il vescovo di Roma consegna al Lussemburgo e a tutta l’Europa in questo 46mo viaggio che lo ha portato nel cuore del Vecchio Continente. Insieme a quello che per risolvere i conflitti si mettano in cantiere «oneste trattative» per raggiungere «onorevoli compromessi». Francesco parla nello storico Cercle Cité, nel cuore della città, dove incontra le autorità, la società civile e il corpo diplomatico. In precedenza ha avuto un incontro privato con il Granduca Enrico e con il primo ministro Luc Frieden. Durante il volo sull’A321 di Ita Airways il Papa ha salutato collettivamente i giornalisti al seguito. «Non me la sento», ha detto, di fare il «viaggio» lungo la stiva per salutarli tutti uno ad uno, come fa di solito, ma come non ha fatto in alcune altre occasioni di viaggi brevi.

Il Papa con il Granduca Enrico - Ansa

Il clima è nuvoloso e più freddo di Roma. Ma l’attesa dei fedeli lussemburghesi c’è, nonostante la pioggia, e si vede lungo le strade. Il Lussemburgo nel passato è stato occupato potenze straniere – è successo anche in occasione dei due conflitti mondiali - e ha conosciuto il dramma della guerra. Ora invece è un’oasi di pace ed è sede di importanti organismi dell’Unione Europea di cui è stato socio fondatore. Ma ora il rimbombo delle armi scuote di nuovo il Vecchio Continente. Riemergono, denuncia il Papa, «fratture» e «inimicizie». Si diffonde una «pericolosa sclerosi» che «fa ammalare gravemente le Nazioni», rischiando di rinnovare «inutili stragi». Di fronte a questo «impazzimento della ragione», a questo «irresponsabile ritorno a compiere i medesimi errori dei tempi passati», Francesco invita ad «alzare lo sguardo verso l’alto», in modo che «il vivere quotidiano dei popoli e dei governanti sia animato da alti e profondi valori spirituali».

Da Successore di Pietro e a nome della Chiesa si presenta come annunciatore del Vangelo di Gesù Cristo, «che solo è in grado di trasformare in profondità l’animo umano», rendendolo «capace di spegnere gli odi e riconciliare le parti in conflitto». Di qui l’invito, «impellente» e molto concreto, che «quanti sono investiti di autorità si impegnino con costanza e pazienza in oneste trattative in vista della soluzione dei contrasti, con l’animo disposto a individuare onorevoli compromessi che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace».

Un momento della visita - Ansa

Papa Francesco più volte fa delle aggiunte a braccio rispetto al testo preparato. Ribadisce che «la guerra e sempre una sconfitta», confida di essere «molto triste» del fatto che in un Paese europeo la maggior parte degli investimenti sono sulle fabbriche d’armi. E infine invita i lussemburghesi a fare più figli, aggiungendo, con un sorriso: «Non dico più bambini e meno cagnolini, questo lo dico in Italia».

Nel suo discorso alle autorità il papa ha sottolineato che un autentico progresso passa anche attraverso la cura del creato. Questo tema Francesco lo riprende anche nell’incontro pomeridiano con la comunità cattolica nella Cattedrale di Notre Dame, il secondo momento della sua breve tappa in Lussemburgo. Ai fedeli del Granducato il Pontefice, dopo aver assistito ad alcune scene di un musical ispirato alla Laudato si’, ricorda la responsabilità che tutti abbiamo nei confronti della “casa comune”, «di cui siamo custodi e non despoti». Con l’esortazione ad essere missionari senza «il bisogno di “far numero”», di «fare “proselitismo”», ma con «il desiderio di far conoscere a più fratelli e sorelle possibili la gioia dell’incontro con Cristo». Di qui l’invito ad essere testimoni di una fede «gioiosa, perché «siamo figli di un Dio amico dell’uomo, che ci vuole felici e uniti, e che di nulla è più contento che della nostra salvezza». «Alla Chiesa - aggiunge a braccio - fanno male i cristiani tristi, noiosi».

Francesco elogia di nuovo le autorità del Lussemburgo per la storica disponibilità ad accogliere i migranti e la Chiesa locale perché in una società secolarizzata «evolve, matura, cresce» e «non si ripiega su se stessa, triste, rassegnata, risentita». Papa Francesco si è fermato in Lussemburgo per poco più di otto ore. Accolto e ospitato dall’arcivescovo Jean-Claude Hollerich, gesuita come lui, da lui creato cardinale e nominato relatore generale del Sinodo sulla sinodalità. E il porporato, nel porgere il suo benvenuto al vescovo di Roma, spiega che la Chiesa di Lussemburgo «si sta avviando sul cammino della conversione sinodale» per diventare sempre più «la Chiesa di Gesù Cristo, che non è venuto per essere servito, ma per servire». Finito l’incontro in cattedrale il Pontefice si reca in aeroporto. Destinazione Bruxelles, per la parte del viaggio dedicato al Belgio che durerà fino a domenica.