Messaggio. Papa Francesco: non solo conoscenza teoretica ma accoglienza ai più fragili
Sant'Alfonso Maria de' Liguori
La teologia morale “non può riflettere solo sulla formulazione dei principi, delle norme, ma occorre che si faccia carico propositivamente della realtà che supera qualsiasi idea”. Lo afferma Papa Francesco in un Messaggio scritto in occasione dei 150 anni dalla proclamazione di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori Dottore della Chiesa. Lo fa richiamandosi all’Evangelii Gaudium per rimarcare che “questa è una priorità”, perché “la sola conoscenza dei principi teoretici, come ci ricorda lo stesso sant’Alfonso, non basta per accompagnare e sostenere le coscienze nel discernimento del bene da compiere”. È necessario invece “che la conoscenza diventi pratica mediante l’ascolto e l’accoglienza degli ultimi, dei fragili e di chi è considerato scarto dalla società”.
Il Messaggio, firmato e pubblicato oggi, è indirizzato al padre Michael Brehl, superiore generale dei redentoristi, la congregazione religiosa fondata nel 1732 dal santo campano, e moderatore generale dell’Accademia Alfonsiana che mercoledì mattina ha in programma una giornata di studi in streaming con la partecipazione dei padri Alfonso V. Amarante, Marciano Vidal, Raphael Gallagher, Sabatino Majorano e Andrzej S. Wodka. L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sulla piattaforma Teams (canale “Studenti”) e sul canale YouTube dell’Accademia Alfonsiana.
Francesco nel Messaggio – intessuto di citazioni dell’Evangelii Gaudium - ricorda innanzitutto che il beato Pio IX aveva evidenziato la specificità della proposta morale e spirituale di Sant’Alfonso, che aveva saputo indicare, si legge nella Bolla di proclamazione del 23 marzo 1871, “la via sicura nel groviglio delle opinioni contrastanti del rigorismo e del lassismo”.
A centocinquant’anni “da questa gioiosa ricorrenza”, scrive il Papa, “il messaggio di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, patrono dei confessori e dei moralisti, e modello per tutta la Chiesa in uscita missionaria, indica ancora con vigore la strada maestra per avvicinare le coscienze al volto accogliente del Padre, perché ‘la salvezza che Dio ci offre è opera della sua misericordia’”. Infatti “la proposta teologica alfonsiana nasce dall’ascolto e dall’accoglienza della fragilità degli uomini e delle donne più abbandonati spiritualmente”. Tanto che “il Santo Dottore, formatosi in una mentalità morale rigorista, si converte alla “benignità” attraverso l’ascolto della realtà”.
Francesco ricorda che “la graduale conversione verso una pastorale decisamente missionaria, capace di prossimità con il popolo, di saperne accompagnare il passo, di condividerne concretamente la vita anche in mezzo a grandi limiti e sfide”, spinse Sant’Alfonso “a rivedere, non senza fatica, anche l’impostazione teologica e giuridica ricevuta negli anni della sua formazione”. Impostazione “inizialmente improntata ad un certo rigorismo”, che “si trasformò poi in approccio misericordioso, dinamismo evangelizzatore capace di agire per attrazione”. Sant’Alfonso, dunque, “non è né lassista né rigorista”. Ma è “un realista nel vero senso cristiano” perché ha ben compreso che “nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri”.
Sull’esempio di Alfonso Francesco invita “i teologi moralisti, i missionari ed i confessori ad entrare in rapporto vivo con i membri popolo di Dio, e a guardare all’esistenza partendo dalla loro angolazione, per comprendere le difficoltà reali che incontrano ed aiutare a guarire le ferite”. Ecco quindi che sull’esempio di questo “rinnovatore della teologia morale” si rende “auspicabile e dunque necessario affiancare, accompagnare e sostenere i più destituiti di aiuti spirituali nel cammino verso la redenzione”. Perché “la radicalità evangelica non va contrapposta alla debolezza dell’uomo”. Ed è sempre necessario “trovare la strada che non allontani, ma avvicini i cuori a Dio, così come fece Alfonso con il suo insegnamento spirituale e morale”.
Papa Francesco ricorda poi le innumerevoli sfide che la società sta affrontando in questo tempo, e cioè “la pandemia e il lavoro nel mondo del post Covid, le cure da assicurare a tutti, la difesa della vita, gli input che ci vengono dall’intelligenza artificiale, la salvaguardia del creato, la minaccia antidemocratica e l’urgenza della fratellanza”. “Guai a noi - è la sua esortazione - se in tale impegno evangelizzatore, separassimo il ‘il grido dei poveri’ dal ‘grido della terra’”.
Infine il Pontefice ricorda che Alfonso de’ Liguori ha offerto “risposte costruttive alle sfide della società del suo tempo, attraverso l’evangelizzazione popolare, indicando uno stile di teologia morale capace di tenere insieme l’esigenza del Vangelo e le fragilità umane”. Di qui l’invito, sul suo esempio, ad affrontare seriamente a livello di teologia morale “il grido di Dio che chiede a tutti noi: ’Dov’è tuo fratello’ (Gen 4,9). Dov’è il tuo fratello schiavo? Dov’è quello che stai uccidendo ogni giorno nella piccola fabbrica clandestina, nella rete della prostituzione, nei bambini che utilizzi per l’accattonaggio, in quello che deve lavorare di nascosto perché non è stato regolarizzato?”. Perché, “dinnanzi a passaggi epocali come quello attuale”, si “evidenzia concreto il rischio di assolutizzare i diritti dei forti, dimenticando i più bisognosi”. E la teologia morale “non deve aver paura di accogliere il grido degli ultimi della terra e di farlo proprio”.