Al Colosseo. Papa Francesco: «Chi governa ascolti il grido della pace»
Papa Francesco al Colosseo
«Non siamo neutrali ma schierati per la pace… I governanti facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace…Il grido della pace esprime il dolore e l’orrore della guerra, madre di tutte le povertà».
Non è solo una coreografia della pace quella che è stata trasmessa dalla cornice del Colosseo per il trentaseiesimo incontro internazionale e interreligioso organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio nello spirito di Assisi. Con un resoconto della lunga lista di conflitti dello scenario mondiale attuale e il rilancio dell’impegno dei credenti di tutte le religioni per fermare la guerra, papa Francesco ha voluto concludere l’incontro “Il grido della pace. Religioni e culture in dialogo” chiudendo la porta alla retorica bellica.
«Oggi la pace è gravemente violata, ferita, calpestata: e questo in Europa, cioè nel continente che nel secolo scorso ha vissuto le tragedie delle due guerre mondiali. Siamo nella terza».
Il Papa, dal Colosseo, ha cominciato così il suo discorso trentasei anni dopo la prima storica convocazione voluta da san Giovanni Paolo II ad Assisi. «Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato» ha ribadito Francesco rivolgendosi non solo ai leader religiosi riprendendo la sua enciclica “Fratelli tutti”. Sono convinzioni che scaturiscono dalle lezioni dolorosissime del secolo passato ma che purtroppo, sottolinea il Papa, sono anche di questa parte del ventunesimo secolo per il quale «oggi si sta verificando quello che si temeva e che mai avremmo voluto ascoltare: che cioè l’uso delle armi atomiche, che colpevolmente dopo Hiroshima e Nagasaki si è continuato a produrre e sperimentare, viene ora apertamente minacciato».
«In questo scenario oscuro, dove purtroppo i disegni dei potenti della terra non danno affidamento alle giuste aspirazioni dei popoli». «La pace— ha ribadito ancora – è nel cuore delle religioni, nelle loro Scritture e nel loro messaggio». E «nel silenzio della preghiera, questa sera, abbiamo sentito il grido della pace: la pace soffocata in tante regioni del mondo, umiliata da troppe violenze, negata perfino ai bambini e agli anziani, cui non sono risparmiate le terribili asprezze della guerra». Perché il grido della pace «viene spesso zittito, oltre che dalla retorica bellica, anche dall’indifferenza — ha affermato Francesco — è tacitato dall’odio che cresce mentre ci si combatte. Ma l’invocazione della pace non può essere soppressa: sale dal cuore delle madri, è scritta sui volti dei profughi, delle famiglie in fuga, dei feriti o dei morenti. E questo grido silenzioso sale al cielo. Non conosce formule magiche per uscire dai conflitti, ma ha il diritto sacrosanto di chiedere pace in nome delle sofferenze patite, e merita ascolto. Merita che tutti, a partire dai governanti, si chinino ad ascoltare con serietà e rispetto».
Francesco ha fatto così risuonare di nuovo l’appello fatto da San Giovanni XXIII, quando, durante una grave crisi internazionale, nell’ottobre 1962, mentre sembravano vicini uno scontro militare e una deflagrazione nucleare aveva affermato: «Noi supplichiamo tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell’umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace». Sessant’anni dopo, queste parole suonano di impressionante attualità. «Le faccio mie» ha scandito il Papa che dal Colosseo si è fatto voce di tutti i credenti: «Non siamo neutrali, ma schierati per la pace. Perciò invochiamo lo ius pacis come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza».
La fraternità tra le religioni, in questi anni è cresciuta, ha poi ripreso Francesco, «sempre più ci sentiamo fratelli tra di noi ed è un impegno che vogliamo continuare a vivere». «Che la ricerca della pace sia al centro del nostro agire— ha detto ancora — e lo ha fatto proprio nel giorno in cui, in merito alla guerra in Ucraina le agenzie riportano la notizia che la Russia sarebbe pronta a dialogare con papa Francesco, con gli Usa e con la Francia per cercare una soluzione al conflitto in corso.
Sul palco allestito all’esterno dell’Anfiteatro Flavio, la cerimonia finale ha riunito tutti i leader religiosi con alcune testimonianze e i discorsi conclusivi seguiti da un minuto di silenzio per ricordare le vittime della guerra, del terrorismo, della violenza e della tratta di esseri umani. Al termine la firma dell’Appello di pace di Roma da parte di papa Francesco e degli altri capi religiosi, poi consegnato ad alcuni ragazzi e ragazze dalla scrittrice, testimone della Shoah, Edith Bruck che l’ha consegnato simbolicamente a tutti i giovani del mondo.
Papa Francesco al Colosseo con i leader religiosi - Siciliani
Appello di pace
Di seguito il testo dell'appello letto da una giovane rifugiata siriana, ora studentessa a Roma, a conclusione dell'incontro promosso dalla Comunità di Sant'Egidio: "Il grido della pace. Religioni e cultura in dialogo".
Riuniti a Roma nello spirito di Assisi, abbiamo pregato per la pace, secondo le varie tradizioni ma concordi. Ora noi, rappresentanti delle Chiese cristiane e delle Religioni mondiali, ci rivolgiamo pensosi al mondo e ai responsabili degli Stati. Ci facciamo voce di quanti soffrono per la guerra, dei profughi e delle famiglie di tutte le vittime e dei caduti.
Con ferma convinzione diciamo: basta con la guerra! Fermiamo ogni conflitto. La guerra porta solo morte e distruzione, è un’avventura senza ritorno nella quale siamo tutti perdenti. Tacciano le armi, si dichiari subito un cessate il fuoco universale. Si attivino presto, prima che sia troppo tardi, negoziati capaci di condurre a soluzioni giuste per una pace stabile e duratura.
Si riapra il dialogo per annullare la minaccia delle armi nucleari.
Dopo gli orrori e i dolori della seconda guerra mondiale, le Nazioni sono state capaci di riparare le profonde lacerazioni del conflitto e, attraverso un dialogo multilaterale, di far nascere l’Organizzazione delle Nazioni Unite, frutto di un’aspirazione che, oggi più che mai, è una necessità: la pace. Non si deve ora perdere la memoria di quale tragedia sia la guerra, generatrice di morte e di povertà.
Siamo di fronte a un bivio: essere la generazione che lascia morire il pianeta e l'umanità, che accumula e commercia armi, nell’illusione di salvarsi da soli contro gli altri, o invece la generazione che crea nuovi modi di vivere insieme, non investe sulle armi, abolisce la guerra come strumento di soluzione dei conflitti e ferma lo sfruttamento abnorme delle risorse del pianeta.
Noi credenti dobbiamo adoperarci per la pace in tutti i modi che ci sono possibili. È nostro dovere aiutare a disarmare i cuori e richiamare alla riconciliazione tra i popoli. Purtroppo anche tra noi ci siamo talvolta divisi abusando del santo nome di Dio: ne chiediamo perdono, con umiltà e vergogna. Le religioni sono, e devono continuare ad essere, una grande risorsa di pace. La pace è santa, la guerra non può mai esserlo!
L’umanità deve porre fine alle guerre o sarà una guerra a mettere fine all’umanità. Il mondo, la nostra casa comune, è unico e non appartiene a noi, ma alle future generazioni. Pertanto, liberiamolo dall’incubo nucleare. Riapriamo subito un dialogo serio sulla non proliferazione nucleare e sullo smantellamento delle armi atomiche.
Ripartiamo insieme dal dialogo che è medicina efficace per la riconciliazione dei popoli. Investiamo su ogni via di dialogo. La pace è sempre possibile! Mai più la guerra! Mai più gli uni contro gli altri!