Il viaggio in Svezia. Luterani e dialogo: cosa ha detto Francesco
«Non si può essere cattolici e settari. Bisogna tendere a stare insieme agli altri». Così si è espresso Papa Francesco alla vigilia del viaggio apostolico in Svezia, il 31 ottobre 2016, per partecipare alla commemorazione ecumenica dei 500 anni della Riforma luterana. Si tratta di una delle risposte contenute in una lunga intervista concessa sabato 24 settembre a padre Ulf Jonsson, direttore della rivista dei gesuiti svedesi Signum, ricevuto alla Casa Santa Marta assieme al direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro.
Papa Francesco nella lunga intervista ha toccato molti temi, vediamone alcuni.
Amicizie e incontri con i luterani
Nel corso dell’intervista, Papa Francesco ha ricordato le sue personali relazioni con amici luterani, già da quando era ragazzo, e poi da arcivescovo a Buenos Aires. In particolare quella con il teologo svedese, Anders Ruuth («L’uomo che ha fatto tanto bene alla mia vita»») e quella con Albert Andersen, già pastore della Chiesa di Danimarca, con cui ha avuto «una discussione molto forte a distanza […] Mi ha rimproverato con onestà e sincerità, come un vero amico. Quando è tornato a Buenos Aires, sono andato a chiedergli scusa». Emergono nell’intervista particolari inediti e forse inattesi.
I meriti di Lutero
Il Papa li ha condensati in due parole: Riforma («fondamentale perché la Chiesa è semper reformanda»); e Scrittura («Lutero ha fatto un grande passo per mettere la Parola di Dio nelle mani del popolo»).
L’ecumenismo del «fare insieme»
Papa Francesco ha spiegato che non prevedeva di celebrare una Messa per i cattolici in questo viaggio per «insistere su una testimonianza ecumenica». Poi, «rispondendo alla fervida richiesta della comunità cattolica», ha deciso di celebrare la Messa, allungando il viaggio di un giorno, perché «fosse celebrata non nello stesso giorno e non nello stesso luogo dell’incontro ecumenico per evitare di confondere i piani».
Senza mettere in dubbio il ruolo del dialogo teologico, Papa Francesco sottolinea che «fare qualcosa insieme è una forma alta ed efficace di dialogo» in particolare, preghiera e opere di misericordia. Posto che «fare proselitismo nel campo ecclesiale è peccato», ricorda l’ecumenismo del sangue: «Nell’unità quello che non sbaglia mai è il demonio. Quando i cristiani sono perseguitati e uccisi lo sono perché sono cristiani». In questo senso definisce il Medio Oriente come «terra di martiri», e ricorda un episodio avvenuto a Lesbo nell’incontro con un rifugiato.
Le idolatrie, non la religione, causano le guerre
Papa Francesco contesta l’interpretazione di chi vede le religioni come causa dei conflitti. La causa dei conflitti va cercata nelle «l’idolatria dei soldi, delle inimicizie, dello spazio superiore al tempo, la cupidigia della territorialità dello spazio», ribadendo che «l’idolatria è una finta di religione […] Io la chiamo “una trascendenza immanente”, cioè una contraddizione». «Non si può fare la guerra in nome della religione, di Dio: è una bestemmia, è satanico» ha aggiunto Papa Francesco in un altro passaggio.
Il futuro della Chiesa
«La vivacità delle comunità ecclesiali» dipende «dallo Spirito» mentre «ci sono Chiese invecchiate – spiega papa Bergoglio – che sembrano essere interessate solamente a conservare il loro spazio […] chiuse nei programmi […]». Si sofferma sulla sfida per le Chiese in terre secolarizzate e del pericolo del benessere che intorpidisce le coscienze e mette a tacere l’inquietudine. Ai gesuiti svedesi lancia l’appello ad avere il cuore inquieto e avere strutture altrettanto «inquiete».
«Gesù mi ha guardato con misericordia e mi ha salvato». Così Papa Bergoglio, in un passaggio intimo, sulla propria biografia spirituale che non a caso risuona anche nel suo motto pontificale («Miserando atque eligendo»). E ricorda un dono speciale ricevuto dal Signore.
Interpellato sulle sue aspettative rispetto al viaggio, Papa Francesco ha espresso così la sua speranza: «La mia attesa è quella di riuscire a fare un passo di vicinanza, a essere più vicino ai miei fratelli e alle mie sorelle». E, a proposito del dialogo ecumenico, ha sottolineato nuovamente l’importanza di «camminare insieme» per «non restare chiusi in prospettive rigide, perché in queste non c’è possibilità di riforma».
La curiosità sul senso dell'umorismo di Papa Francesco
Prima di rivolgere le sue domande a Papa Francesco padre Ulf Jonnson ha annotato alcune osservazioni sull'atmosfera del colloquio: «Non ho più alcun dubbio sul fatto che Papa Francesco ami la conversazione, comunicare con gli altri. Qualche volta prende tempo per riflettere prima di rispondere, e le sue risposte trasmettono sempre un senso di coinvolgimento serio, ma non pesante o triste. Anzi, durante la nostra visita ha dato più volte segni del suo umorismo».
Il testo originale e integrale, tradotto in italiano, dell’intervista si può scaricare liberamente dal sito della rivista La Civiltà Cattolica.