Città del Vaticano. Asportazione dell'utero. Ecco quando è lecito
Porta la data del 10 dicembre 2018, l’approvazione di Papa Francesco alla risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede riguardo un dubbio, in certi casi, sulla liceità dell’isterectomia ovvero l’asportazione dell’utero.
Nel documento del Dicastero si ribadisce la validità del pronunciamento del 1993, ovvero le “Risposte ai dubbi proposti circa l’isolamento uterino ed altre questioni”, ma si completa con una Nota illustrativa che risponde ai casi sottoposti negli ultimi anni alla Santa Sede. Resta comunque “moralmente lecita l’asportazione dell’utero (isterectomia) quando esso costituisce un grave pericolo attuale per la vita o la salute della madre”. L’isterectomia insieme alla legatura delle tube (isolamento uterino) però sono considerate pratiche illecite se attuate come “modalità di sterilizzazione diretta” o “con il proposito di rendere impossibile un’eventuale gravidanza che può comportare qualche rischio per la madre”.
Il dubbio sottoposto alla Congregazione riguarda il caso in cui sia “l’utero si trova irreversibilmente in uno stato tale da non poter essere più idoneo alla procreazione” e quando i medici hanno stabilito con certezza che un’eventuale gravidanza si concluderà con un aborto spontaneo prima che sia raggiunta la condizione di viabilità ovvero prima che il feto possa vivere fuori dal grembo materno. La risposta in questi casi è che è lecito asportare l’utero perché non si tratta di sterilizzazione.
Nella Nota si evidenza “la certezza raggiunta dai medici esperti che, in caso di gravidanza, essa si interromperebbe spontaneamente prima che il feto arrivi allo stato di viabilità”, capace di vivere al di fuori del grembo materno. Per la coppia è impossibile la procreazione, “si è di fronte non già ad un funzionamento imperfetto o rischioso degli organi riproduttivi, ma – si legge nel testo - ad una situazione in cui lo scopo naturale di mettere al mondo una prole viva non è perseguibile”.
“Asportare un apparato riproduttivo incapace di condurre a termine una gravidanza – si legge nella Nota - non può dunque essere qualificato come sterilizzazione diretta, che è e resta intrinsecamente illecita come fine e come mezzo”. “Dal punto vista morale, si deve chiedere che sia raggiunto tutto il grado di certezza che in medicina è possibile raggiungere e, in questo senso, la risposta data è valida per il quesito così come esso in buona fede è stato posto”.
In conclusione si afferma che l’intervento di asportazione, moralmente valida alle condizioni illustrate, non è l’unica via da seguire. Si può praticare l’astinenza totale o il ricorso ai periodi infecondi, “spetta – si legge - agli sposi, in dialogo con i medici e con la loro guida spirituale, scegliere la via da seguire, applicando al loro caso e alle loro circostanze i normali criteri di gradualità dell'intervento medico”.