Papa

Coronavirus. I doni del Papa: respiratori agli ospedali e aiuti ai poveri

Mimmo Muolo venerdì 24 aprile 2020

Papa Francesco

Si allunga sempre più la lista di donazionani e interventi del Papa e dei suoi collaboratori diretti per alleviare le sofferenze della popolazione (specie le fasce più povere) in questa emergenza coronavirus. Il giorno del suo onomastico, san Giorgio, cioè il 23 aprile, la donazione più recente: due ventilatori polmonari insieme a una fornitura di dispositivi di protezione individuale agli ospedali della diocesi di Lecce e consegnati all'arcivescovo, Michele Seccia; cinque respiratori sono partiti per la città di Suceava, in Romania, territorio poverissimo, dove si conta il 25% dei contagiati di quel Paese, e altri tre per Madrid.
Il 18 aprile Francesco ha inviato dieci ventilatori polmonari per la Siria e di tre analoghi macchinari per l’Ospedale San Giuseppe di Gerusalemme, oltre all’acquisto e alla fornitura di kit diagnostici per Gaza e al contributo straordinario alle attività dell’Ospedale Holy Family a Betlemme.
Inoltre, in occasione della Pasqua, "regali" analoghi del Papa erano stati consegnati all'arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe e ai vescovi di Albano e Locri-Gerace, Marcello Semeraro e Francesco Oliva, sempre destinati agli ospedali di quei territori.

Interventi a getto continuo

Questi sono solo gli ultimi interventi economici del Vaticano. Due sono le direttive fin qui seguite: sostegno degli ospedali da una parte, aiuto diretto ai poveri in varie parti del mondo, dall'altra. Questi interventi si aggiungono a quelli che le Chiese dei singoli Paesi stanno mettendo in atto nei territori di loro competenza e non vanno confusi con essi (ne parliamo in un pezzo a parte). Così come si deve sempre tener presente che La Santa Sede (checché ne dicano le fake news che spesso girano nel mondo dei social) è una realtà economicamente molto limitata. Per rendere l’idea, basti pensare che il bilancio annuale consolidato del cosiddetto mondo vaticano ha più o meno lo stesso valore del cartellino di un paio di top players della nostra serie A calcistica. Dunque è assolutamente sbagliato fare riferimento, come talvolta si sente, ai presunti “tesori” del Papa. I quali esistono solo nella fantasia di qualche fervido “cronista”, oppure sono beni assolutamente indisponibili (si pensi ad esempio a opere d’arte come la Pietà di Michelangelo).

Fatte queste precisazioni, vediamo di riepilogare quanto è stato fin qui stanziato da papa Francesco e dai suoi collaboratori per far fronte alla pandemia. A cominciare dal primo intervento in ordine di tempo, il 12 marzo scorso: 100mila euro dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale alla Caritas Italiana per un primo significativo soccorso su tutto il territorio italiano.

Interventi per gli ospedali.

Il 26 marzo scorso il pontefice ha donato 30 respiratori agli ospedali di Italia e Spagna. All’inizio di aprile, inoltre, Bergoglio ha inviato 60mila euro all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, come segno di premura per una delle strutture sanitarie più sottoposte alla pressione della malattia. Il 17 aprile un’altra donazione, questa volta un ingente quantitativo di materiale sanitario per le residenze protette per anziani del territorio umbro.

Ma l’intervento più consistente in questo campo è la creazione di un Fondo di emergenza presso le Pontificie Opere Missionarie (Pom), dotato di 750mila dollari iniziali (più eventuali ulteriori donazioni), al fine di aiutare i Paesi di missione attraverso le strutture e le istituzioni della Chiesa. Nella sola Africa, ci sono oltre 74mila suore e oltre 46mila sacerdoti che gestiscono 7.274 ospedali e cliniche, 2.346 case per anziani e persone vulnerabili e istruiscono oltre 19 milioni di bambini in oltre 45mila scuole elementari. In molte aree rurali sono gli unici fornitori di assistenza sanitaria e di istruzione. Le Pom sono il canale ufficiale di sostegno del Papa a oltre 1.100 diocesi in Asia, Africa, Oceania e parte della regione amazzonica.

Da parte sua, l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, di proprietà della Santa Sede, ha dedicato la struttura di Palidoro ai bambini Covid-19 positivi.

L’attività dell’Elemosiniere.

Numerosi sono stati in questo periodi gli interventi compiuti a nome del Papa dall’elemosiniere, cardinale Konrad Krajewski, sia a Roma che fuori città. Il 23 marzo scorso il porporato si è recato nella Casa Generalizia delle Figlie di San Camillo a Grottaferrata e presso la Congregazione delle Suore angeliche di San Paolo sulla via Casilina, due comunità religiose femminili messe in isolamento, perché molte delle religiose erano state trovate positive al coronavirus. Krajewski ha portato in dono alcuni prodotti delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo, come latte fresco e yogurt. La medesima donazione è stata consegnata anche alla Casa di riposo Giovanni XXIII, gestita dall’Associazione Sorelle della Carità. L’8 aprile scorso l’elemosiniere è arrivato persino a Porano, in provincia di Terni, dove ha rifornito di viveri e prodotti disinfettanti la Casa di San Bernardino delle Suore Francescane di Maria, residenza per consacrate anziane e bisognose di cure, all’interno della quale diciassette suore, su un totale di 39, sono risultate positive al tampone.

L’elenco dei “blitz” del porporato è sempre più lungo. Il 4 aprile, ad esempio, è stata la volta del “palazzo Selam” alla Romanina, poco fuori il Grande Raccordo Anulare di Roma, un edificio di sette piani, in cui vivono in condizioni precarie, circa mille persone (tra i quali molti bambini), la maggior parte delle quali provenienti dal Corno d’Africa. A loro sono stati forniti viveri di prima necessità come pasta, riso, pomodori e latte, oltre a saponi, disinfettanti, mascherine e termometri per cominciare ad affrontare l’emergenza. Il 17 aprile la stessa scena si è ripetuta a via Marsala, sempre a Roma, con la distribuzione di sacchi a pelo, cibo, sapone e mascherine ai senza dimora che vivono nei pressi della Stazione Termini.

Krajewski ha anche messo a disposizione il suo numero di cellulare per le emergenze (348.1300123).

Entrate praticamente azzerate.

Tutto questo nonostante che le entrate vaticane siano decisamente in calo. Chiusi i Musei Vaticani, fortemente limitata l'attività dell'Annona e della Farmacia, restano però i costi di gestione. Soprattutto l’impegno – che non viene meno - per assicurare lo stipendio ai circa 5mila dipendenti (il Vaticano non ha entrate che derivino dalla tassazione dei redditi). Ma come ulteriore gesto di solidarietà, l’Apsa e la

Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, titolari della gestione degli immobili della Santa Sede, hanno fatto sapere già dal 10 marzo scorso di essere .