La visita. Papa a Budapest e Bratislava: "Mai più odio e chiusure, ma fraternità"
Un momento della Messa a Budapest
Budapest ha accolto con molto calore il Papa. Una bellissima giornata di sole. E 100mila fedeli lungo il viale Andrassy che il Pontefice ha percorso in papamobile, salutando la folla in festa. Poi tutti nella piazza degli Eroi, dove Francesco ha celebrato la Messa conclusiva del Congresso eucaristico internazionale, presente anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, al quale il Vescovo di Roma ha rivolto un saluto. Anche a Bratislava, dove il Pontefice è giunto nel primo pomeriggio, accoglienza festosa, soprattutto all'aeroporto, in attesa degli incontri dei prossimi giorni. Così la prima giornata del 34° viaggio internazionale di Francesco, il primo dopo l'intervento al colon, si è conclusa con un bilancio certamente positivo, nonostante l'impegnativo programma (due voli e ben quattro discorsi) e il caldo. Il Papa è apparso in buona forma, mettendo subito sul tavolo i temi portanti della visita. A Budapest in particolare è giunto il richiamo alla fraternità per vincere odio, antisemitismo e chiusure. Monito ripetuto anche nell'omelia della Messa con l'invito ad aprirsi "alla novità scandalosa del Dio crocifisso e risorto", "Pane spezzato per gli altri". E anche nell'incontro con i vescovi magiari ai quali il Papa ha chiesto di mostrare il volto accogliente della Chiesa, soprattutto nei confronti dei migranti.
"La croce non è mai di moda", ha detto il Pontefice, mettendo in guardia da messianicità mondane lontane dalla logica di Cristo e da una religiosità "che vive di di riti e di ripetizioni". Parole che appaiono anche come una risposta indiretta al premier Viktor Orban, incontrato prima della Messa. All'angelus poi il vescovo di Roma ha ulteriormente specificato il concetto: "La croce, piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le sue braccia verso tutti: esorta a mantenere: esorta a mantenere salde le radici, ma senza arroccamenti.; ad attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati del nostro tempo". Di qui il suo augurio: fondati e aperti, radicati e rispettosi".
Innanzitutto Papa Bergoglio ha preso a prestito l'immagine del Ponte delle Catene che collega le due parti di Budapest. "Così devono essere i legami tra noi", ha detto ai rappresentanti del consiglio ecumenico delle Chiese e di alcune comunità ebraiche dell'Ungheria, incontrati in mattinata. E poi ha spiegato: "Ogni volta che c'è stata la tentazione di assorbire l'altro non si è costruito, ma si è distrutto; così pure quando si è voluto ghettizzarlo anziché integrarlo. Quante volte nella storia è accaduto. Dobbiamo vigilare e pregare perché non accada più". E occorre impegnarsi, ha aggiunto il Pontefice, "a promuovere insieme una educazione alla fraternità, così che i rigurgiti di odio che vogliono distruggerla non prevalgano. Penso alla minaccia dell'antisemitismo - ha proseguito Francesco - che ancora serpeggia in Europa e altrove. E' una miccia che va spenta. Ma il miglior modo per disinnescarla è lavorare in positivo insieme, è promuovere la fraternità".
Poche ore dopo, nell'altro incontro ecumenico della giornata, quello nella nunziatura di Bratislava, dove era presente tra gli altri il Primate della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia, Rastislav, il Papa è tornato sullo stesso concetto da un altro punto di vista, citando anche "La Leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij. "Come possiamo sognare un'Europa libera da ideologie, se non abbiamo il coraggio di anteporre la libertà di Gesù alle necessità dei singoli gruppi di credenti?E' difficile - ha aggiunto - esigenre un'Europapiù fecondata dal Vangelosenza preoccuparsidel fattoche non siamo ancora pienamente unititra noi nel continente e senza avere cura gli uni degli altri". Perciò ha detto: "Qui da cuore dell'Europa viene da chiedersi: noi cristiano abbiamo un po' smarrito l'ardore dell'annuncio e la profezia della testimonianza?".
La risposta sta proprio nella similitudine con il Ponte delle Catene. "Esso è sorretto da grandi catene - ha spiegato ancora Francesco nel discorso di Budapest - formate da tanti anelli. Siamo noi questi anelli e ogni anello è fondamentale, perciò non possiamo più vivere nel sospetto e nell'ignoranza, distanti e discordi". In nome del Dio dell'alleanza bisogna evitare le logiche dell'isolamento e degli interessi di parte. "Non alleanze con qualcuno a discapito di altri, ma persone e comunità che siano ponti di comunione con tutti". Francesco ha anche raccomandato ai rappresentanti delle "religioni maggioritarie" in Ungheria di "favorire le condizioni perché la libertà religiosa sia sia rispettata e promossa per tutti. Nessuno possa dire che dalle labbra degli uomini di Dio esano parole divisive, ma solo messaggi di apertura e di pace. In un mondo lacerato da troppi conflitti è questa la testimonianza migliore" che i rappresentanti religiosi possono offrire. Infine il Papa ha citato un poeta ebreo deportato e ucciso, Miklos Radnoti, autore del "Taccuino di Bor", l'unica raccolta poetica sopravvissuta alla Shoà. "Egli pose una domanda che risuona anche per noi oggi: "E tu come vivi? Trova eco la tua voce in questo tempo?". Perciò ha invitato "a farsi eco di quella Parola che il cielo ci ha donato". E con un'altra immagine poetica dell'autore prossimo alla morte ("Ora sono anch'io una radice"), ha ricordato: "Spesso cerchiamo i frutti, i risultati, l'affermazione. Ma colui che fa fruttare la Parola in terra con la stessa dolcezza della pioggia che fa germogliare il campo, ci ricorda che i nostri cammini di fede sono semi: semi che si trasformano in radici sotterranee, radici che alimentano la memoria e fanno germogliare l'avvenire". Alla fine il Papa si è scusato per aver pronunciato il discorso stando seduto: "Non ho 15 anni", ha detto.
L'incontro del Papa con la Cec e i rappresentanti dell'abraismo - Vatican Media
L'incontro si è svolto nel Museo delle Belle Arti in piazza degli Eroi. In precedenza, in altre due sale dello stesso Museo si erano svolti, a porte chiuse, l'incontro con i vescovi e quello con le massime autorità del Paese. Su quest'ultimo il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, ha fatto sapere: "L’incontro con il Presidente della Repubblica, con il Primo Ministro e il Vice Primo Ministro dell’Ungheria si è svolto secondo il programma previsto, in un clima cordiale, ed è terminato alle ore 9.25. Erano presenti anche il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin e l'arcivescovo Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. Tra i vari argomenti trattati, vi sono stati il ruolo della Chiesa nel Paese, l’impegno per la salvaguardia dell’ambiente, la difesa e la promozione della famiglia". A sua volta il premier ungherese pubblicando su Facebook la foto del suo incontro con il Papa, ha scritto: "Ho chiesto Papa Francesco di non lasciare che l'Ungheria cristiana perisca".
Sì, certo. Il Papa ha a cuore la salvezza non solo dell'Ungheria ma di tutta l'Europa cristiana. E nell'omelia ha anche spiegato come: secondo cioè "la logica di Dio che è quella dell'amore umile", non secondo quella del mondo "attaccata all'onore e ai privilegi, rivolta al prestigio e al successo". In questo senso, ha avvertito, c'è "una differenza cruciale tra il vero Dio e il dio del nostro io". "Quanto è distante Colui che regna in silenzio sulla croce dal falso dio che vorremmo regnasse con la forza e riducesse al silenzio i nostri nemici. Quanto è diverso Gesù - ha proseguito il Pontefice - che si propone solo con amore, dai messia potenti e vincenti adulati dal mondo". La realtà di Dio è l'eucaristia, un povero pane "che si lascia spezzare, distribuire e mangiare".
Certi passaggi dell'omelia sembrano dunque una risposta neanche troppo indiretta a chi propone o segue certe politiche individualiste, di chiusura agli altri, specie ai poveri, di orgogliosa rivendicazione nazionalista e identitaria. "Non rassegniamoci a una fede che vive di riti e di ripetizioni", ha esortato Francesco. "Gesù ci scuote, non si accontenta delle dichiarazioni di fede - ha detto il Papa - ci chiede di purificare la nostra religiosità davanti alla sua croce, davanti all'Eucaristia. "Lasciamo dunque - ecco l'invito di Francesco - che Gesù Pane vivo risani le nostre chiusure e ci apra alla condivisione, ci guarisca dalle rigidità e dal ripiegamento su noi stesso; ci liberi dalla schiavitù paralizzante del difendere la nostra immagine, ci ispiri a seguirlo dove Lui vuole condurci". Perciò l'Eucaristia, ha concluso il Pontefice, deve "muovere ogni giorno i nostri passi incontro al fratello", "a spezzarci per gli altri". "Questo Congresso eucaristico sia dunque un punto di partenza, e non solo un punto di arrivo".
Anche ai vescovi ungheresi il Papa ha dato un compito preciso: "Vi chiedo di mostrare sempre, insieme ai sacerdoti e ai collaboratori pastorali, il volto vero della Chiesa: è madre. Un volto accogliente verso tutti, anche verso chi proviene da fuori, un volto fraterno, aperto al dialogo", superando perciò la tentazione di trasformare "l’appartenenza alla propria identità in motivo di ostilità e di disprezzo degli altri".
Il Papa appena giunto all'aeroporto di Budapest - foto Muolo
Francesco era atterrato poco intorno alle 7,40 all'aeroporto internazionale. Nella capitale ungherese si tratterà solo fino all'ora di pranzo. Quindi ripartità per Bratislava. In aereo il Papa, apparso sorridente e disponibile, ha salutato come di consueto a uno a uno i giornalisti al seguito - 78 in tutto - e ha sottolineato che questo è "un po' il viaggio dei congedi". "Congedo da monsignor Guido Marini", il cerimoniere pontificio, all'ultimo viaggio, dato che il Papa lo ha nominato vescovo di Tortona, congedo dall'Alitalia, ha ricordato ancora il Pontefice e congedo da quello che scherzosamente ha definito "il dittatore", cioè l'organizzatore monsignor Dieudonne Datonou, del quale in pratica ha anticipato la nomina episcopale, e che sarà sostituito da un sacerdote indiano, George Jacob Koovakad, che sempre scherzando il Papa ha chiamato "il dittatore sorridente", dal momento che - ha spiegato - "sorride sempre". Una giornalista polacca gli ha donato una foto del cardinale Stefan Wyszynski, che oggi viene beatificato a Varsavia e il Papa l'ha baciata, poi ricordato durante l'Angelus.
L'ultimo appello della giornata, da Bratislava, è stato ancora una volta un appello ecumenico. Un invito cioè all'ecumenismo della carità vero i più bisognosi. "Mentre ancora non siamo in grado di condividere la stessa mensa eucaristica - ha detto ai rappresentante del Consiglio delle Chiese - possiamo insieme ospitare Gesù servendolo nei poveri". Specie in tempo di pandemia.