Messaggio per la pace. Papa: basta accusare i migranti e privare i poveri di speranza
La buona politica è al servizio della pace”. È questo il tema del Messaggio di papa Francesco per la 52ma Giornata Mondiale della Pace che si celebra il prossimo 1° gennaio. Una “sfida” a promuovere una “buona politica” che ricorda le virtù di questa particolare “forma eminente di carità” e non manca di denunciarne i vizi, la corruzione in primis ma anche la xenofobia e il razzismo.
Per il Pontefice la politica è “un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo”, ma “quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”.
E le “beatitudini del politico”, sono quelle proposte dal compianto cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002, “fedele testimone del Vangelo”.
E cioè: “Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo. Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità. Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse. Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente. Beato il politico che realizza l’unità. Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale. Beato il politico che sa ascoltare. Beato il politico che non ha paura”.
La buona politica così “è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza”.
Ma la politica, denuncia Papa Francesco, ha i suoi vizi propri, che tolgono “credibilità” e “autorevolezza”. “Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia - sottolinea il Pontefice - sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la
giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della 'ragion di Stato', la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio”.
Per il successore di Pietro la "buona politica", poi, “promuove la partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro”. Infatti “quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro”.
Così “ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune”. E questo vale soprattutto nei tempi odierni, caratterizzati da “un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi”, e si manifesta “purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno”.
Ecco quindi, rimarca il vescovo di Roma, che “oggi più che mai, le nostre società necessitano di 'artigiani della pace' che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana”.
Papa Francesco ribadisce il “No alla guerra e alla strategia della paura” e riafferma che “l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia”. Non solo. Sottolinea che “il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace”. E afferma in modo chiaro e tondo che “non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza”.
“Va invece ribadito – puntualizza inoltre Papa Francesco - che la pace si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate”.
Il pensiero del Pontefice va poi “in modo particolare ai bambini che vivono nelle attuali zone di conflitto, e a tutti coloro che si impegnano affinché le loro vite e i loro diritti siano protetti”. E al settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ricordando in proposito l’osservazione di San Giovanni XXIII nella Pacem in Terris. E cioè: «Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli».
La pace, conclude il Pontefice, “è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani”. Ma è anche “una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno”. La pace insomma “è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni in dissociabili di questa pace interiore e comunitaria”.
La prima di queste tre dimensioni è “la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando 'un po’ di dolcezza verso sé stessi', per offrire 'un po’ di dolcezza agli altri'”. La seconda è “la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente...”. La terza infine è “la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire”.