Il Messaggio. Il Papa: «Pretendere di dominare il creato è idolatria, genera mostri»
La conversione ecologica «consiste nel passare dall’arroganza di chi vuole dominare sugli altri e sulla natura – ridotta a oggetto da manipolare –, all’umiltà di chi si prende cura degli altri e del creato». E infatti «un potere incontrollato genera mostri e si ritorce contro noi stessi. Perciò oggi è urgente porre limiti etici allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, che con la sua capacità di calcolo e di simulazione potrebbe essere utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura, piuttosto che messa servizio della pace e dello sviluppo integrale». Lo scrive il Papa nel messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, che sarà celebrata domenica 1° settembre 2024, sul tema “Spera e agisci con il creato”. Il testo è stato presentato oggi nella Sala Stampa della Sede. (QUI IL TESTO)
Il Pontefice chiede di lasciarsi ispirare dallo Spirito Santo, spirito d’amore, per cambiare «radicalmente l’atteggiamento dell’uomo: da “predatore” a “coltivatore” del giardino. La terra è affidata all’uomo, ma resta di Dio - scrive Francesco -. Questo è l’antropocentrismo teologale della tradizione ebraico-cristiana. Pertanto, pretendere di possedere e dominare la natura, manipolandola a proprio piacimento, è una forma di idolatria. È l’uomo prometeico, ubriaco del proprio potere tecnocratico che con arroganza mette la terra in una condizione “dis-graziata”, cioè priva della grazia di Dio».
Nel Messaggio il Papa si rifà a San Paolo, quando scrive che tutta la creazione geme per le doglie del parto. E indica la speranza giubilare come prospettiva. «Perché tanto male nel mondo? Perché tanta ingiustizia, tante guerre fratricide che fanno morire i bambini, distruggono le città, inquinano l’ambiente vitale dell’uomo, la madre terra, violentata e devastata? Riferendosi implicitamente al peccato di Adamo, San Paolo afferma: «Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi» (Rm 8,22). La lotta morale dei cristiani è connessa al “gemito” della creazione, perché essa «è stata sottoposta alla caducità» (v. 20). Tutto il cosmo ed ogni creatura gemono e anelano “impazientemente”, perché possa essere superata la condizione presente e ristabilita quella originaria: infatti la liberazione dell’uomo comporta anche quella di tutte le altre creature che, solidali con la condizione umana, sono state poste sotto il giogo della schiavitù».
Ma anche gli abusi umani sulla creazione trovano risposta nella redenzione di Cristo, sottolinea il Papa. Perciò «nell’attesa speranzosa e perseverante del ritorno glorioso di Gesù, lo Spirito Santo tiene vigile la comunità credente e la istruisce continuamente, la chiama a conversione negli stili di vita, per resistere al degrado umano dell’ambiente e manifestare quella critica sociale che è anzitutto testimonianza della possibilità di cambiare». Ne consegue che come diceva Benedetto XVI, «non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore». «L’amore di Dio in Cristo, da cui niente e nessuno potrà mai separarci». «La salvaguardia del creato - prosegue il testo - è dunque una questione, oltre che etica, eminentemente teologica: riguarda, infatti, l’intreccio tra il mistero dell’uomo e quello di Dio. Questo intreccio si può dire “generativo”, in quanto risale all’atto d’amore con cui Dio crea l’essere umano in Cristo. Sperare e agire con il creato significa allora vivere una fede incarnata, che sa entrare nella carne sofferente e speranzosa della gente, condividendo l’attesa della risurrezione corporea a cui credenti sono predestinati in Cristo Signore».
Francesco conclude: «In gioco non c’è solo la vita terrena dell’uomo in questa storia, c’è soprattutto il suo destino nell’eternità, l’eschaton della nostra beatitudine, il Paradiso della nostra pace, in Cristo Signore del cosmo, il Crocifisso-Risorto per amore. Sperare e agire con il creato significa allora vivere una fede incarnata, che sa entrare nella carne sofferente e speranzosa della gente, condividendo l’attesa della risurrezione corporea a cui i credenti sono predestinati in Cristo Signore».