Papa

Giacarta. Messa allo stadio con 100mila fedeli: «Predicate il Vangelo e fate chiasso»

Mimmo Muolo, inviato a Giacarta giovedì 5 settembre 2024

Il Papa arriva allo Stadio di Giacarta per celebrare la Messa davanti a 100mila fedeli

La fatica del pescare senza prendere niente. A un popolo che vive su un arcipelago di 17mila isole non c’è bisogno di spiegare la delusione di Pietro e degli apostoli per la loro notte di pesca infruttuosa. Papa Francesco invita piuttosto a fare come il suo primo predecessore e ad avere fiducia in Gesù. «Non restare prigionieri dei fallimenti», raccomanda. Quindi a braccio aggiunge: «La mediocrità piace al diavolo perché entra lì e ci rovina».
Tutt’altro che mediocre è il colpo d’occhio che la comunità cattolica indonesiana offre al Pontefice, durante la Messa che di fatto conclude la tappa a Giacarta, la prima di questo lungo viaggio (oggi Francesco volerà alla volta di Port Moresby in Papua Nuova Guinea). Centomila fedeli, fuori e dentro lo stadio Gelore Bung Karno. In pratica il tutto esaurito. Blocchi colorati dalle magliette tutte uguali (rosse, gialle, verdi, arancione bianche, blu), per distinguere i diversi gruppi. L’immagine plastica nell’unità della diversità, che si esprime anche quando lo stadio intona a una sola voce i canti della celebrazione.
Mentre a poco a poco il pomeriggio afoso di Giacarta scivola verso una calda serata, il Papa con la sua omelia sembra quasi voler lasciare un compito per sviluppare ulteriormente questa comunità che, sebbene sia minoritaria nel gran mare dei musulmani che costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione, è in crescita.
«Vorrei dire anche a voi, a questa Nazione, a questo meraviglioso e variegato arcipelago - raccomanda infatti -: non stancatevi di prendere il largo e gettare le reti, non stancatevi di sognare e costruire ancora una civiltà della pace. Osate sempre il sogno della fraternità! Sulla Parola del Signore vi incoraggio a seminare amore, a percorrere fiduciosi la strada del dialogo, a praticare ancora la vostra bontà e gentilezza col sorriso tipico che vi contraddistingue, per essere costruttori di unità e di pace. E così diffonderete attorno a voi il profumo della speranza». Nell’immediato non c’è neanche da preoccuparsi dei risultati, ma solo aver fiducia in Cristo. E perciò Francesco cita Santa Teresa di Calcutta, di cui ieri ricorreva la memoria liturgica. «Quando non abbiamo nulla da dare, diamogli quel nulla. E ricorda: anche se non dovessi raccogliere niente, non stancarti mai di seminare».
Ecco perché non bisogna rassegnarsi a eventuali fallimenti. Il Papa esorta: «Anche a noi il Signore, con la forza bruciante della sua Parola, chiede di prendere il largo, di staccarci dalle rive stagnanti delle cattive abitudini, delle paure e delle mediocrità, per osare una nuova vita». Anche perché, spiega, «il primo compito del discepolo non è quello di indossare l’abito di una religiosità esteriormente perfetta, di fare cose straordinarie o impegnarsi in imprese grandiose. Il primo passo, invece, consiste nel sapersi mettere in ascolto dell’unica Parola che salva, quella di Gesù».
Perciò, come Pietro che disse al Signore «sulla tua parola getterò le reti», anche i cattolici indonesiani devono essere sempre pronti a ripartire da capo. «Davanti alla chiamata, che tutti avvertiamo - nota infatti -, a costruire una società più giusta, ad andare avanti sulla via della pace e del dialogo – che qui in Indonesia già da tempo è stata tracciata –, possiamo sentirci a volte inadeguati, sentire il peso di tanto impegno che non sempre porta i frutti sperati oppure dei nostri errori che sembrano arrestare il cammino». Tuttavia, prosegue il Pontefice, «con la stessa umiltà e la stessa fede di Pietro, anche a noi è chiesto di non restare prigionieri dei nostri fallimenti e, invece di rimanere con lo sguardo fisso sulle nostre reti vuote, di guardare a Gesù e fidarci di
Lui. Sempre possiamo rischiare di prendere il largo e gettare nuovamente le reti, anche quando abbiamo attraversato la notte del fallimento, il tempo della delusione in cui non abbiamo preso nulla».
Al termine della Messa giunge il momento dei ringraziamenti e in pratica del congedo. «Per noi la sua visita in Indonesia è testimonianza del Suo amore, non solo per la comunità cattolica locale, ma anche per la nostra Nazione - dice il cardinale Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, arcivescovo di Giacarta -. Le promettiamo che, dopo la sua partenza, continueremo a crescere soprattutto nella fede, nella fraternità e nella compassione».
Francesco a sua volta ringrazia «per la squisita accoglienza che mi è stata riservata. La rinnovo - dice - al signor presidente della Repubblica, che oggi era qui presente, alle altre autorità civili e alle forze dell’ordine, e la estendo all’intero popolo indonesiano». Quindi a braccio, ricordando che il giorno della Pentecoste a Gerusalemme «tutti facevano chiasso per predicare il Vangelo», ha aggiunto: «Mi raccomando, cari fratelli e sorelle, fate chiasso, fate chiasso». Detto, fatto. Almeno tra i centomila allo stadio, dove sacerdoti, suore e fedeli continuare a cantare e a ballare anche dopo che il Pontefice è andato via.