Messa a Baghdad. Papa Francesco: «Il mondo si cambia con la forza delle Beatitudini»
La Messa in Cattedrale a Baghdad
Il 33.mo viaggio apostolico di Francesco all'insegna del motto evangelico "Siete tutti fratelli" è iniziato venerdì mattina per concludersi lunedì 8 marzo. LA PRIMA GIORNATA
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Stamani il Papa ha incontrato, a porte chiuse a Najaf, il Grande Ayatollah Ali al-Sistani, leader spirituale sciita. Poi si è diretto a Nassiriya per l'incontro interreligioso nella Piana di Ur dei Caldei. Nel pomeriggio il rientro a Baghdad e alle 18 (le 16 italiane) la Messa nella cattedrale caldea di San Giuseppe.
Il premier iracheno, Mustafa al-Kadhimi, a seguito dell'incontro di Francesco con l'ayatollah al-Sistani e del successivo raduno interreligioso a Ur che ha definito "storici", ha dichiarato il 6 marzo Giornata nazionale della tolleranza e della coesistenza. L'annuncio è stato dato con un tweet.
Papa Francesco arriva alla Cattedrale di San Giuseppe - Reuters
LA MESSA A BAGHDAD IN RITO CALDEO
Nel tardo pomeriggio (le 16 in Italia) papa Francesco arriva nella cattedrale caldea di San Giuseppe a Baghdad per celebrare la Messa in rito caldeo, prima volta per un Pontefice. C'è anche il presidente iracheno, Barham Salih, accompagnato dalla moglie. La Chiesa caldea in Iraq ha una storia lunga secoli ed è la componente maggioritaria tra i cattolici del Paese. In pratica, il rito caldeo ripercorre i gesti degli apostoli ricevuti da Gesù: lo scambio della pace, ad esempio, è previsto a inizio celebrazione (anche se nell'emergenza pandemia non si fa). Il rito è introdotto da diverse preghiere cantate del I e II secolo. La lingua liturgica è il siriaco, un idioma derivato dall'aramaico, parlato in una forma moderna da una parte dei fedeli.
Il Papa nella cattedrale di Baghdad per la Messa - Reuters
L'OMELIA IN CATTEDRALE
“Per il mondo, chi ha di meno è scartato e chi ha di più è privilegiato. Per Dio no: chi ha più potere è sottoposto a un esame rigoroso, mentre gli ultimi sono i privilegiati di Dio”.
Dalla cattedrale caldea di San Giuseppe a Bagdhad, il papa Francesco ha riproposto il messaggio delle Beatitudini come simbolo della sapienza cristiana. “Gesù, la Sapienza in persona, completa questo ribaltamento nel Vangelo: non in un momento qualunque, ma all’inizio del primo discorso, con le Beatitudini”, ha fatto notare Francesco: “Il capovolgimento è totale: i poveri, quelli che piangono, i perseguitati sono detti beati. Com’è possibile? Beati, per il mondo, sono i ricchi, i potenti, i famosi! Vale chi ha, chi può, chi conta! Per Dio no: non è più grande chi ha, ma chi è povero in spirito; non chi può tutto sugli altri, ma chi è mite con tutti; non chi è acclamato dalle folle, ma chi è misericordioso col fratello”.
“Se vivo come Gesù chiede, che cosa ci guadagno? Non rischio di farmi mettere i piedi in testa dagli altri? La proposta di Gesù conviene? O è perdente?”, gli interrogativi che mettono in dubbio il messaggio delle Beatitudini.
“Non è perdente, ma sapiente”, la risposta di Francesco: “La proposta di Gesù è sapiente perché l’amore, che è il cuore delle Beatitudini, anche se pare debole agli occhi del mondo, in realtà vince. Sulla croce si è dimostrato più forte del peccato, nel sepolcro ha sconfitto la morte. È lo stesso amore che ha reso i martiri vittoriosi nella prova, e quanti ce ne sono stati nell’ultimo secolo, più che nei precedenti!”. “L’amore è la nostra forza, la forza di tanti fratelli e sorelle che anche qui hanno subito pregiudizi e offese, maltrattamenti e persecuzioni per il nome di Gesù”, assicura il Papa: “Ma mentre la potenza, la gloria e la vanità del mondo passano, l’amore rimane: come ci ha detto l’Apostolo Paolo, non avrà mai fine”.
“Chi ama non si chiude in sé stesso quando le cose vanno male, ma risponde al male con il bene, ricordando la sapienza vittoriosa della croce”, ha spiegato il Papa. “Il testimone di Dio fa così: non è passivo, fatalista, non vive in balìa delle circostanze, dell’istinto e dell’istante, ma è sempre speranzoso, perché fondato nell’amore che ‘tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta’”, il ritratto di Francesco sulla scorta di San Paolo.
Le Beatitudini, in altre parole, “non chiedono di fare cose straordinarie, di compiere imprese che vanno oltre le nostre capacità. Chiedono la testimonianza quotidiana. Beato è chi vive con mitezza, chi pratica la misericordia lì dove si trova, chi mantiene il cuore puro lì dove vive. Per diventare beati non bisogna essere eroi ogni tanto, ma testimoni ogni giorno. La testimonianza è la via per incarnare la sapienza di Gesù”.
“È così che si cambia il mondo: non con il potere o con la forza, ma con le Beatitudini”, ha garantito il Papa: “Perché così ha fatto Gesù, vivendo fino alla fine quel che aveva detto all’inizio”. “La pazienza di ricominciare ogni volta è la prima qualità dell’amore, perché l’amore non si sdegna, ma riparte sempre”, ha detto Francesco: “Non si intristisce, ma rilancia; non si scoraggia, ma resta creativo. Di fronte al male non si arrende, non si rassegna”.
Di fronte alle avversità, infatti, “ci sono sempre due tentazioni”, ha osservato il Papa: “La prima è la fuga: scappare, voltare le spalle, non volerne più sapere. La seconda è reagire da arrabbiati, con la forza. È quello che accadde ai discepoli nel Getsemani: davanti allo sconcerto, molti si diedero alla fuga e Pietro prese la spada. Ma né la fuga né la spada risolsero qualcosa. Gesù, invece, cambiò la storia. Come? Con la forza umile dell’amore, con la sua testimonianza paziente. Così siamo chiamati a fare noi; così Dio realizza le sue promesse”.
La preghiera al termine dell'incontro interreligioso di Ur - Reuters
L'INCONTRO INTERRELIGIOSO NELLA PIANA DI UR E IL DISCORSO DEL PAPA
Dopo il canto iniziale, il canto della lettura tratta dal Libro della Genesi e di un brano del Corano, due giovani hanno portato la loro testimonianza a cui hanno fatto seguito le testimonianze di una donna di religione sabea mandea e di un uomo di religione musulmana. Quindi il Papa ha pronunciato il suo discorso. Al termine, dopo la preghiera dei figli di Abramo e il canto finale, il Papa è ripartito per Baghdad.
"Dio è misericordioso", ha detto Francesco, e "l'offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. E noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione". Il Papa ha sottolineato che "sta a noi dissolvere con chiarezza i fraintendimenti. Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell'odio! Sopra questo Paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza".
"Il patriarca Abramo, che oggi ci raduna in unità, fu profeta dell'Altissimo. Un'antica profezia dice che i popoli 'spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci'. Questa profezia non si è realizzata, anzi spade e lance sono diventate missili e bombe. Da dove può cominciare allora il cammino della pace?", chiede Francesco. E risponde: "Dalla rinuncia ad avere nemici. Chi ha il coraggio di guardare le stelle, chi crede in Dio, non ha nemici da combattere. Ha un solo nemico da affrontare, che sta alla porta del cuore e bussa per entrare: è l'inimicizia. Mentre alcuni cercano di avere nemici più che di essere amici, mentre tanti cercano il proprio utile a discapito di altri, chi guarda le stelle delle promesse, chi segue le vie di Dio non può essere contro qualcuno, ma per tutti. Non può giustificare alcuna forma di imposizione, oppressione e prevaricazione, non può atteggiarsi in modo aggressivo".
Il Papa ha anche esortato a pregare "perché ovunque siano rispettate e riconosciute la libertà di coscienza e la libertà religiosa: sono diritti fondamentali, perché rendono l'uomo libero di contemplare il Cielo per il quale è stato creato".
DALL'INVIATA Il Papa: «Non ci sarà pace finché gli altri non saranno un "noi"» (di Stefania Falasca)
IL TESTO DEL DISCORSO DEL PAPA - IL TESTO DELLA PREGHIERA DEI FIGLI DI ABRAMO
L'arrivo di papa Francesco all'incontro con al-Sistani, in una viuzza di Najaf - Ansa
IL COLLOQUIO CON L'AYATOLLAH AL-SISTANI
Papa Francesco ha incontrato di prima mattina a Najaf, nel sud dell'Iraq, il leader sciita ayatollah Ali al-Sistani. "Durante la visita di cortesia, durata circa quarantacinque minuti, - spiega in una nota il portavoce del Vaticano Matteo Bruni - il Santo Padre ha sottolineato l'importanza della collaborazione e dell'amicizia fra le comunità religiose perché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell'Iraq, della regione e dell'intera umanità".
"L'incontro - spiega ancora - è stata l'occasione per il Papa di ringraziare il Grande Ayatollah al-Sistani perché, assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l'importanza dell'unità del popolo iracheno. Nel congedarsi dal Grande Ayatollah, il Santo Padre ha ribadito la sua preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità per l'amata terra irachena, per il Medio Oriente e per il mondo intero".
Al termine dell'incontro, al-Sistani ha dichiarato in una nota: "Le grandi potenze diano priorità alla ragione e alla saggezza, rinunciando al linguaggio delle guerre". "Auspico che i leader religiosi e spirituali esortino le parti interessate, e specialmente le grandi potenze, a dare priorità alla ragione e alla saggezza rinunciando al linguaggio della guerra". Le grandi potenze, prosegue il comunicato, "non mettano prima i propri interessi a discapito dei diritti dei popoli di vivere in libertà e con dignità".
DALL'INVIATA Il Papa da al-Sistani: amicizia fra comunità religiose per il bene dell'umanità (di Stefania Falasca)
Un'immagine fuori della Cattedrale caldea di San Giuseppe a Baghdad - Reuters