Papa

L'arcivescovo Accrocca. «Padre Pio ha portato il dialetto in Paradiso»

Gianni Cardinale - Inviato a Pietrelcina venerdì 16 marzo 2018

La speranza che la presenza del Papa aiuti tutti a diventare «cristiani migliori» e l’auspicio che porti ad un «sussulto di progettualità» in terre segnate da spopolamento e invecchiamento. Sono queste le attese che l’arcivescovo di Benevento Felice Accrocca custodisce nel suo cuore per l’arrivo di papa Francesco a Pietrelcina, prima tappa della visita pastorale sui luoghi di padre Pio nel centenario dell’apparizione delle stimmate permanenti e nel giorno del 50° anniversario della sua morte. Lo fa in questa intervista per Avvenire.

Eccellenza, come vi siete preparati a questo evento?
Con la preghiera. Soprattutto in questa ultima settimana a Pietrelcina abbiamo avuto degli incontri quotidiani per gruppi di persone: con i giovani, con la Caritas, con i malati. Questa sera nell’aula liturgica di Piana Romana una celebrazione da me presieduta inizia una grande veglia in attesa del Papa.

Come mai il Papa visita Piana Romana e non il centro di Pietrelcina?
A Piana Romana la famiglia di padre Pio aveva la campagna. E il santo era lì quando nel settembre del 1911 - lo scrive in una lettera al padre provinciale - ha ricevuto la cosiddetta “stigmatizzazione mistica”. Per motivi di salute a padre Pio fu concesso di vivere fuori dal convento, a casa sua, dal 1910 al 1916. E sempre a casa sua visse la preparazione immediata all’ordinazione sacerdotale che ricevette e Benevento nel 1910. Anche per questi motivi a Piana Romana è nato un luogo di culto, gestito dai padri cappuccini, molto frequentato dai pellegrini.

Il significato spirituale di questa visita?
Padre Pio non è solo San Giovanni Rotondo. Lì c’è la porzione più consistente, più significativa, della sua vita. Ma qui ci sono le sue origini. Qualcuno ha detto che il nostro santo ha portato il dialetto in Paradiso. Ma quel dialetto era quello di Pietrelcina, non quello parlato alle pendici del Gargano. Eppoi padre Pio aveva quel carattere schietto, un po’ rude - di chi va dritto all’essenziale - che è tipico delle popolazioni sannitiche. Gente di poche parole e molta sostanza.

Adesso qual è l’eredità spirituale di padre Pio in questa sua terra?
C’è una grande devozione. Soprattutto tra i più anziani, ma non solo. Irpinia e Sannio sono terre francescane da sempre. In quasi ogni paese c’era un convento dell’una o dell’altra obbedienza. Soprattutto i cappuccini e i minori avevano una presenza ramificata nel territorio. Ora padre Pio è diventato un po’ l’icona riassuntiva di queste contrade. Certo a volte la sua figura è circondata da elementi sensazionalistici che devono essere attentamente scremati. Ma devo dire che ho incontrato non pochi giovani, specialmente dei ceti più popolari, che si sono avvicinati o riavvicinati alla fede cristiana grazie a padre Pio.

In effetti nell’immaginario collettivo padre Pio appare a volte come un figlio di un mondo che ormai non c’è più…
Lui era espressione di una cultura contadina, ancestrale, ormai sparita. Certamente le figure di San Francesco e di Papa Francesco risultano più attraenti per le nuove generazioni. Ma padre Pio, ripeto, conserva un fascino ancora per una certa fascia dei giovani di oggi. Parlo per esperienza personale. Ne ho incontrati diversi.

Qual è il legame che vede tra padre Pio e Papa Francesco?
Li accomuna certamente l’attenzione al popolo, al popolo semplice. Ed anche una certa similitudine nel linguaggio. Il papa parla per immagini. Anche padre Pio lo faceva. Il pontefice lo fa per scelta deliberata. Il nostro santo non era un dottore in teologia e quindi per lui era il modo naturale di esprimersi. Ma il risultato è lo stesso. Entrambi trasmettono idee forti con immagini semplici. Con una efficacia immediata che “buca lo schermo”.

Cosa spera possa venire da questa visita del Papa?
Una conferma nella fede in modo che possiamo diventare cristiani migliori. E poi anche una ricaduta civile. La nostra è una di quelle aree interne dell’Italia colpite dallo spopolamento e dall’invecchiamento. Giovani che vanno via. Paesi che si svuotano. Tanto che in alcune realtà suona ormai difficile parlare di pastorale giovanile o pastorale familiare. E poi le infrastrutture, soprattutto nei trasporti, che mancano. Abbiamo delle potenzialità - la bellezza del territorio in primis - ma rimangono inespresse. Speriamo che la presenza del Papa possa suscitare un sussulto di progettualità che apra ad una speranza per il futuro.

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