All'Angelus. Il ricordo di Benedetto XVI: ha servito con amore e sapienza la Chiesa
Gaenswein sulla tomba di Benedetto XVI nell'anniversario della morte
«Un anno fa Papa Benedetto XVI concludeva il suo cammino terreno, dopo aver servito con amore e sapienza la Chiesa. Sentiamo per lui tanto affetto, tanta gratitudine, tanta ammirazione. Dal Cielo ci benedica e ci accompagni. Un applauso a Benedetto XVI!» Così ieri papa Francesco, all’Angelus domenicale nella festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, ha ricordato il predecessore, morto il 31 dicembre 2022. Un anniversario che è stato celebrato anche ieri mattina con una Messa in San Pietro presieduta dall’arcivescovo Georg Gaenswein, storico segretario di Joseph Ratzinger, assieme a una sessantina di concelebranti, tra i quali anche i cardinali Gerhard Mueller e Kurt Koch. Nell’omelia il presule, ricordando il Papa tedesco, ha invitato a essere «sinceramente grati a Dio per il dono della sua vita, la ricchezza del suo magistero, la profondità della sua teologia e l’esempio luminoso di questo “semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore».
«La Santa Famiglia è icona di ogni famiglia, chiamata a formare una Chiesa domestica, in cui, intorno alla presenza di Gesù, si vive la relazione filiale con Dio Padre, che trasforma anche le relazioni umane tra le persone – ha aggiunto poi Gaenswein –. Benedetto XVI portava non solo il nome di Giuseppe, ma cercava anche di imitare il suo Patrono, soprattutto con il suo profondo amore a Gesù e a Maria e la sua fedeltà a una vita quotidiana ritmata da preghiera e lavoro. Il cuore di ogni giornata era per lui l’Eucaristia, fonte di luce, di forza e di consolazione. Coltivava pure fedelmente la Liturgia delle Ore e il Rosario, preghiere che conferivano alla giornata la sua struttura. La relazione intima con il Signore si rifletteva poi nei rapporti con le persone attorno a lui, distinti per una grande cordialità, umiltà e semplicità, e anche nel suo lavoro teologico e pastorale, sempre orientato al primato di Dio e all’edificazione della Chiesa».
Lo stupore, segreto per far andare bene le cose in famiglia
All’Angelus, poi, papa Francesco si è soffermato sull’icona della Santa Famiglia, invitando tutti a riscoprire tra le mura domestiche il senso dello stupore. «La Famiglia di Gesù, l’unica famiglia della storia che può vantare in sé stessa la presenza di Dio in carne e ossa, anziché essere ricca è povera! Anziché essere agevolata, sembra ostacolata! Anziché essere priva di fatiche, è immersa in grandi dolori!», ha notato Francesco. «Che cosa dice questo alle nostre famiglie, questo modo di vivere, la storia della Santa Famiglia, povera, ostacolata, con grandi dolori? Ci dice una cosa molto bella: Dio, che spesso immaginiamo stia al di là dei problemi, è venuto ad abitare la nostra vita con i suoi problemi. Lui ci ha salvato così: non è venuto già adulto, ma piccolissimo; ha vissuto in famiglia, figlio di una mamma e di un papà; lì ha trascorso la maggior parte del suo tempo, crescendo, imparando, in una vita fatta di quotidianità, nascondimento e silenzio».
«La capacità di stupore è un segreto per andare avanti bene in famiglia – ha poi aggiunto il Papa –. Non abituarsi all’ordinarietà delle cose. Sapersi anzitutto stupire di Dio, che ci accompagna. E poi, stupirsi in famiglia. Penso che è bene nella coppia sapersi stupire del proprio coniuge, ad esempio prendendolo per mano e guardandolo negli occhi alla sera per qualche istante, con tenerezza: lo stupore ti porta alla tenerezza, sempre. È bella la tenerezza nel matrimonio. E poi stupirsi del miracolo della vita, dei figli, trovando il tempo per giocare con loro e per ascoltarli. Domando a voi, padri e madri: trovate del tempo per giocare con i figli? Per portarli a passeggiare?». E, infine, l’invito a stupirsi «della saggezza dei nonni, della loro storia. I nonni che riportano la vita all’essenziale. E stupirsi – ha chiesto ancora il Pontefice – della propria storia d’amore, ognuno di noi ha la propria: il Signore ci ha fatto camminare con amore, stupirsi di questo. La nostra vita ha sicuramente degli aspetti negativi, ma stupirsi anche della bontà di Dio di camminare con noi, anche se noi siamo così inesperti».
Come di consueto, infine, al termine dell’Angelus il Papa ha rivolto il proprio pensiero alle ferite dell’umanità, ai drammi che segnano i nostri giorni: «Purtroppo la celebrazione del Natale in Nigeria è stata segnata da gravi violenze nello Stato di Plateau, con molte vittime. Prego per loro e per le loro famiglie. Che Dio liberi la Nigeria da questi orrori! E prego anche per quanti hanno perso la vita nell’esplosione di un camion-cisterna in Liberia – ha detto Bergoglio –. Continuiamo a pregare per i popoli che soffrono a causa delle guerre: il martoriato popolo ucraino, i popoli palestinese e israeliano, il popolo sudanese e tanti altri. Al termine di un anno, si abbia il coraggio di chiedersi: quante vite umane sono state spezzate dai conflitti armati? Quanti morti? E quante distruzioni, quanta sofferenza, quanta povertà? Chi ha interessi in questi conflitti, ascolti la voce della coscienza. E non dimentichiamo i martoriati Rohingya!».