La riflessione. Il Papa: in Medio Oriente necessaria la soluzione dei due Stati
Il Papa ha concesso una lunga intervista a La Stampa
Finché non si applica l’accordo di Oslo «con la soluzione dei due Stati, la pace vera in Medio Oriente resta lontana. Il conflitto può peggiorare ulteriormente le tensioni e le violenze che già segnano il pianeta». In un’intervista a “La Stampa” il Papa ha fatto il punto sulle più sanguinose crisi internazionali, rilanciando l’invito a far tacere le armi. «Mai mi stancherò di ribadire il mio appello, rivolto in particolare a chi ha responsabilità politiche – ha aggiunto il Pontefice -: fermare subito le bombe e i missili, mettere fine agli atteggiamenti ostili. In ogni luogo. La guerra è sempre e solo una sconfitta. Per tutti. Gli unici che guadagnano sono i fabbricanti e i trafficanti di armi. È urgente un cessate il fuoco globale: non ci stiamo accorgendo, o facciamo finta di non vedere, che siamo sull'orlo dell'abisso». Poi una riflessione sulla genesi dei conflitti: «se ti entrano in casa dei ladri per derubarti e ti aggrediscono, tu ti difendi. Ma non mi piace chiamare “guerra giusta” questa reazione, perché è una definizione che può essere strumentalizzata. È giusto e legittimo difendersi, questo sì. Ma per favore parliamo di legittima difesa, in modo da evitare di giustificare le guerre, che sono sempre sbagliate».
Morti e tragedie però non allontano la prospettiva di un domani diverso. «Coltivo un po' di speranza – ha infatti aggiunto Francesco -, perché si stanno svolgendo riunioni riservate per tentare di arrivare a un accordo. Una tregua sarebbe già un buon risultato. Una figura cruciale è il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. È un grande. Si muove bene. Sta provando con determinazione a mediare. I cristiani e la gente di Gaza, non intendo Hamas, hanno diritto alla pace. Io tutti i giorni videochiamo la parrocchia di Gaza. Ci vediamo nello schermo di Zoom, parlo alla gente. Lì in parrocchia sono 600 persone. Stanno continuando la loro vita guardando ogni giorno la morte in faccia. E poi, l'altra priorità è sempre la liberazione degli ostaggi israeliani».
Diplomazia in azione anche per il conflitto in Ucraina: «Ho dato l'incarico di questa missione complicata e delicata al cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana: è bravo ed esperto, sta attuando una costante e paziente opera diplomatica per mettere da parte le conflittualità e costruire un'atmosfera di riconciliazione. È andato a Kiev e a Mosca, e poi a Washington e a Pechino. La Santa Sede sta cercando di mediare per lo scambio di prigionieri e il rientro di civili ucraini. In particolare, stiamo lavorando con la signora Maria Llova-Belova, la commissaria russa ai diritti dell'infanzia, per il rimpatrio dei bambini ucraini portati con la forza in Russia. Qualcuno è già tornato nella sua famiglia». Per costruire la pace indispensabile «il dialogo. E poi, la ricerca dello spirito di solidarietà e fraternità umana. Non possiamo più ucciderci tra fratelli e sorelle! Non ha senso! Bisogna pregare per la pace».
Nell’intervista a “La Stampa” anche un capitolo su sfide e prospettive della comunità ecclesiale. «Sogno una Chiesa – ha detto il Papa - che sappia essere vicina alla gente nella concretezza e nelle sfumature e nelle asperità della vita quotidiana. Io continuo a pensare ciò che ho detto nelle Congregazioni generali, le riunioni dei cardinali che precedono il Conclave: “La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e a dirigersi verso le periferie, non solo quelle geografiche ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell'ingiustizia, quelle dell'ignoranza e dell'assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria”». «Mi sento un parroco - ha spiegato - Di una parrocchia molto grande, planetaria, certo, ma mi piace mantenere lo spirito da parroco. E stare in mezzo alla gente. Dove trovo sempre Dio».