Il gesto. Il Papa bacia il "marchio" della deportata ad Auschwitz
Il Papa bacia il numero tatuato sul braccio del'ex deportata ad Auschwitz
A volte un gesto, come un semplice bacio, parla più di mille discorsi. Racchiude in sé tutta l’umanità, la tenerezza, la compassione che le parole non riescono a esprimere. Ancora una volta è stato il Papa a ricordarcelo e testimoniarlo.
Questa mattina, a margine dell’udienza generale tenuta nel cortile di San Damaso, Francesco ha baciato il marchio, il numero tatuato simbolo di prigionia e oppressione impresso sul braccio di Lidia Maksymowicz, deportata bielorussa nel lager nazista di Auschwitz Birkenau dove fu imprigionata quando non aveva ancora tre anni.
Come raccontò lei stessa all’incontro internazionale promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nell’estate 2019 a Cracovia, passò tre anni nel “blocco dei bambini” subendo diversi esperimenti medici da parte del terribile dottor Mengele, di cui le sono rimasti impressi gli stivali tirati a lucido e lo sguardo da invasato.
Della prigionia – disse nell’occasione – ricorda «la fame, i pidocchi, il terrore dei bambini all’arrivo dei medici e l’appello in cui venivano chiamati con i numeri che avevano tatuati sul braccio. I numeri mancanti - persone, bambini mai chiamati per nome - venivano sostituiti con gli ultimi arrivati, che condividevano con gli altri prigionieri il destino di affrontare il freddo nelle baracche e la spietatezza delle SS». Un’odissea del dolore su cui si è chinata la compassione del Papa, testimone dell’amore di Dio per ogni uomo e donna. Con una particolare predilezione per il dolore innocente.
Alla vicenda di Lidia Maksymowicz è ispirato il docu-film “La bambina che non sapeva odiare” di Elso Merlo.
Commovente la reazione della donna, raccolta da Vatican News: "Con papa Francesco ci siamo capiti con gli occhi, non dovevamo dirci nulla, non c'era bisogno di parole". Il bacio sul marchio sul braccio è stato un gesto che "mi ha rafforzato e riconciliato con il mondo".